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Le note di Ettore Bonalberti |
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17 Dicembre 2007 |
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Inchieste ad orologeria |
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Curiosi questi inquirenti napoletani. L’Italia
è in preda a sommovimenti di tipo cileno, con la
serrata dei padroncini che ha bloccato il Paese costringendo
il governo ad una trattativa in mutande; con gli operai
a Torino che contestano platealmente il capo della Fiom
CGIL e lo stesso Bertinotti, dopo la drammatica vicenda
dei cinque morti all’acciaieria Thyssen e con il ceto
medio sull’orlo di una crisi di nervi per una qualità
di vita che si è ridotta quasi della metà
rispetto ai tempi che hanno preceduto l’avvento dell’euro,
e loro che ti fanno? Ascoltano alcune registrazioni telefoniche,
fanno pedinare un senatore in visita al Cavaliere, lo sottopongono
ad interrogatorio e ne ricavano elementi di accusa verso
il solito Berlusconi.
Sulla legittimità di tale atto è aperta o
si dovrebbe aprire un’inchiesta, ricordando che per
analogo comportamento il PM De Magistris è stato
messo sotto inchiesta presso il CSM e ne è stato
chiesto il trasferimento.
Insomma, mentre a Napoli impazzano le faide di camorra
e i disservizi pubblici rasentano la situazione libanese,
non c’è di meglio che inseguire, prima Moggi
con calciopoli ed ora il Cavaliere, per raccomandazioni
di alcune aspiranti veline e compravendita di senatori indecisi.
Ovvio che la notizia prima ancora che all’interessato
viene passata alla solita “Repubblica” (formidabile
quel D’Avanzo sempre così informato. La carriera
di detective sarebbe stata perfetta per uno come lui) che
non gli par vero di titolare:
“ Berlusconi accusato di corruzione”.
Insomma “corruttore” per aver caldeggiato a
Saccà, direttore di RAI Fiction, l’assunzione
di alcune attricette, care, sembra, ad un arzillo senatore
in bilico del centro-sinistra e per aver utilizzato metodi
discutibili con alcuni altri, Randazzo in testa, proposto
nientemeno per un futuro incarico governativo di responsabile
per i rapporti con l’Oceania.
Risultato: nessuna di quelle veline è stata mai
assunta in RAI e Randazzo e compagni hanno tranquillamente
votato per Prodi.
Insomma se proprio facesse il corruttore, Silvio non ne
azzeccherebbe una. Non come Prodi che, a colpi di risorse
in finanziaria, è riuscito a convincere, lui sì
con argomenti concreti, i suoi riottosi senatori.
Ci sarebbe da morir dal ridere se la cosa non accadesse
in un momento particolarmente delicato della vita politica
italiana.
Saranno coincidenze, certo è che ogni volta che
ci si avvicina ad una scadenza particolarmente importante
( svolta nei rapporti tra i partiti, e che svolta quella
impressa dal duo Veltroni-Berlusconi; referendum o elezioni
anticipate) scatta il meccanismo ad orologeria di una giustizia
che cerca di delegittimare il capo dell’opposizione
che, ora ne siamo certi, direttamente o indirettamente è
continuamente sotto controllo. Insomma, come in Cile ai
tempi di Pinochet, o nella Russia di sempre, prima e dopo
Putin.
Il bello è che delle diverse inchieste che toccano
da vicino il prof Prodi, da Bolzano alla Calabria, nulla
si sa e niente si muove. Anzi, si rimuovono i magistrati
che hanno osato metter il naso in alcuni affari sospetti.
E vai poi tu a dire che la magistratura è davvero
indipendente!
Il Paese sarà pure ridotto ad una “poltiglia”
o ad una “mucillaggine”, per dirla con il Censis,
ma certo anche le sue istituzioni più importanti
e rappresentative non offrono un bello spettacolo.
Ci salutiamo qui, con la speranza che il nuovo anno ci
porti cose nuove e più serie.
Buon Natale amici di don Chisciotte e arrivederci nel 2008.
Don Chisciotte
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Radioformigoni, 10 Dicembre 2007 |
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Nave senza nocchiere in gran tempesta
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“Ahi serva Italia di dolore ostello, nave sanza nocchiere
in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”
Mai come in questa fase della vita politica italiana è
di attualità l’invettiva di padre Dante scritta
nel VI Canto del Purgatorio al momento dell’incontro
del Poeta e di Virgilio con Sordello da Goito.
Romano Prodi come San Sebastiano: trafitto ogni giorno
da lance e frecce più o meno avvelenate da amici
ed avversari, legato stretto stretto al palo della tortura
di un governo che ogni giorno che passa perde sempre più
credibilita e fiducia tra la gente.
Dopo Dini e Wiler Bordon e i continui “penultimati”
dell’incredibile Mastella e dopo i recenti giudizi
espressi da Fausto Bertinotti sul governo e sul Presidente
del consiglio al limite del dileggio, si aggiunge ora il
triste episodio di un voto di fiducia sul decreto per la
sicurezza in cui, per favorire sinistre e radicali, vengono
introdotte norme antiomofobia che solo Andreotti e la senatrice
Binetti, tra i teodem e gli ex DC ancora intruppati nelle
spire della ex Unione, hanno respinto coerentemente votando
contro. Gli altri: tutti allineati, anche il vecchio Scalfaro
uso a portare bene in vista il suo vecchio e glorioso distintivo
dell’Azione Cattolica geddiana.
Giunge salvifica la stampella di Cossiga, l’eterno
bastian contrario che non gli è parso vero di risultare
determinante nel salvataggio in extremis di Prodi e di un
governo oramai ridotto alla condizione di un morto che cammina.
Telefonata galeotta del “meio fico del bigoncio”,
D’Alema? In ballo questioni di Politica estera con
l’aggravarsi della situazione in Kosovo? Semplice
manovra di sbarramento contro il duo Veltroni-Berlusconi?
Forse un po’ di tutto questo. In ogni caso: attenti
a quei due! Possono provocare imprevedibili sorprese.
In ogni caso, è uno spettacolo desolante,degno di
un trattato di psichiatria politica, quello che si svolge
davanti ad un Paese ridotto a “poltiglia” o
“ mucillagine” secondo le immaginifiche espressioni
deritiane dell’appena sfornato rapporto del Censis
sulla condizione dell’Italia.
Nel caos politico che si è determinato con la svolta
seguita all’incontro Berlusconi –Veltroni ,
le alternative ipotizzate (nuova legge elettorale, referendum
e /o voto anticipato) sembrano drasticamente ridursi a due:
referendum o elezioni anticipate.
Il 19 gennaio la corte costituzionale si pronuncerà
sul referendum e dopo temo che assisteremo al “ liberi
tutti” e, alla fine, “tutti contro tutti”.
Insomma tra poche settimane sapremo se la Befana ci porterà
il dono di un nuovo governo per la nuova legge elettorale
o il carbone nero di una situazione politica ancor più
confusa, in linea con un’oscura stagione che non promette
alcunché di buono.
Don Chisciotte
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Radioformihoni, 3 Dicembre 2007 |
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A tutto GAZebo |
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“La
truppa bisogna tenerla allenata” ed, allora, gazebo
in attività permanente.
Prima per una firma contro il governo Prodi e ieri per indicare
la preferenza sul nome del nuovo partito.
E’ una diversa forma di partecipazione politica che
si sta affermando. Dopo l’esperienza delle primarie
per Prodi e Veltroni sembra finire la stagione della forma
partito degli iscritti e della rappresentanza e prendere
sempre più consistenza quella dei cittadini tutti
elettori. E così si passa dalla partecipazione mediata
degli organi di partito a quella diretta tra cittadini ed
eletti.
Nel tempo dell’affermazione dei leader popolari e
carismatici diventa attuale il dibattito tra partito degli
iscritti e partito liquido senza mediazioni tra cittadini
ed eletti con seri rischi per un’autentica partecipazione
democratica se tutto ciò, come sin qui è avvenuto,
si realizza senza certezza di regole e di collaudati meccanismi
di controllo.
Un fatto nuovo è in ogni caso accaduto dopo l’incontro
di Venerdì scorso tra Berlusconi e Veltroni: la constatazione
oggettiva della fine della Casa della libertà da
una parte e della stessa Unione dall’altra, con la
contemporanea affermazione di due nuovi attori che intendono
occupare, d’ora in avanti, la scena da protagonisti
senza o con minori condizionamenti da parte di terzi.
La partita è complessa e si chiarirà solo
dopo il pronunciamento della suprema corte sull’ammissibilità
del referendum Guzzetta sulla legge elettorale. Sarà
in quel preciso momento che ogni simulazione dei diversi
giocatori verrà meno e si capirà veramente
dove si andrà a parare.
Se il referendum sarà dichiarato ammissibile scatta
un meccanismo a orolegeria dalla tempistica inesorabile
che non permette altre alternative alle tre seguenti:
o si approva una nuova legge elettorale, o si va al referendum,
o si va alle elezioni anticipate con l’attuale legge.
Intanto l’inflazione ufficialmente ha raggiunto la
cifra del 2,4 % anche se assai più pesante è
la sua incidenza nella reale condizione di vita degli italiani
che attendono rassegnati gli aumenti annunciati di Gennaio
di mutui, luce e gas . A Veltroni non sembra preoccupare
granchè se propone di risolvere la vertenza con i
taxisti romani con un aumento delle tariffe del 18%.
Siamo alla schizofrenia acuta con prezzi che salgono senza
controllo e salari e pensioni che perdono progressivamente
potere d’acquisto. Se la politica non si dà
una mossa e celermente la situazione finirà con l’andare
totalmente fuori controllo.
C'è da sperare che i ragionamenti avviati tra i
due più importanti partiti italiani possano tradursi
in tempi brevi in fatti operativi concreti.
Don Chisciotte
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Radioformigoni,
26 Novembre 2007 |
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Il trilemma dei
moderati |
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Nel Giugno dell’anno scorso, dopo
le elezioni politiche, ho publicato un libro: “ L’Italia
divisa e il centro che verrà” dedicandolo:
“ agli amici di tante battaglie per costruire insieme
il Partito della Libertà”. Credo di avere qualche
motivo di soddisfazione nel vedere l’attuale evolversi
della situazione politica italiana.
La decisione di Berlusconi di dar vita al partito del popolo
della libertà, se da un lato decreta la fine dell’esperienza
della casa della libertà, dall’altro pone agli
elettori il trilemma della scelta: seguire le indicazioni
del Cavaliere ? restare fermi sulle posizioni del duo bolognese
Fini e Casini che si sentono accerchiati e temono sulla
stessa tenuta dei loro partiti? O tentare la via della “cosa
bianca”?
Gli oltre 8 milioni di cittadini che sono andati a firmare
la settimana scorsa ai gazebo di Forza Italia hanno manifestato
la loro netta volontàdi mandare a casa il governo
Prodi e, viste le prime reazioni, sembrano attratti dall’idea
del nuovo partito che dovrebbe riunire tutti i moderati
del centro-destra.
Si attendeva l’implosione dell’Unione, la quale
sicuramente non sta bene, ed, invece, è esploso ciò
che rimaneva della Casa della libertà.
Ora, però, la situazione di pericoloso stallo che
si era creato dentro e fuori delle aule parlamentari si
è sbloccata e fatti nuovi si intravvedono all’orizzonte.
Ci sono almeno cinque partiti(Forza Italia, UDC, Udeur,
Nuova DC di Rotondi e DC di Pizza) che appartengono alla
grande famiglia del PPE i quali non potranno continuare
a vivere da divisi e separati in casa;
il Cavaliere, seppur in forma inconsueta, dopo molti tentennamenti,
annuncia di volere la proporzionale con sbarramento alla
tedesca, di inserire il nuovo partito nell’alveo della
tradizione popolare europea e di mettere in discussione
la sua stessa leadership con un partecipazione costante
dei cittadini elettori nelle decisioni che attengono alla
scelta della classe dirigente. Invece succede che chi dovrebbe
raccogliere questa opportunità si mette in agitazione
e a litigare come punto dalla tarantola.
Tutti ci attendiamo che succeda qualcosa a livello parlamentare
prima che la corte costituzionale si pronunci ( cosa che
dovrà fare entro e non oltre il prossimo 12 febbraio)
sul referendum Segni e Guzzetta, e che si approvi una legge
elettorale che annulli la celebrazione dello stesso. La
situazione, tuttavia, non ci sembra per niente favorevole
e il rischio referendum è ad alta probabilità
di riuscita, a meno che Mastella, dopo tanto inutile gridare,
non decida di staccare finalmente la spina ed allora le
elezioni anticipate non sarebbero pi_ un sogno di Berlusconi.
Chiediamoci: cosa offre oggi la politica al cittadino elettore
moderato e alternativo alla sinistra?
la prospettiva indicata dal Cavaliere di un partito che
possa concorrere a rappresentare almeno un terzo dell’elettorato,
decisivo sia nel caso che si trovi un accordo sul sistema
elettorale alla tedesca, sia che si giunga al referendum
di cui sembrerebbe scontato l’esito, E, aggiungiamo,
decisivo anche nell’ipotesi che, saltando il governo
Prodi, si giunga ad un’anticipazione delle elezioni.
Ipotesi oggi meno probabile, ma da non escludere del tutto;
quella di un possibile, anche se assai improbabile, accordo
tattico Fini-Casini del tutto incomprensibile sul piano
politico-elettorale e sin qui determinato soltanto dal rischio
di smottamento di quei due partiti le cui sorti elettorali
sembrerebbero assai in ribasso e strenuamente impegnati
a contenere le spinte centrifughe alla loro destra (Storace
e Giovanardi) e, nel caso dell’UDC, anche alla sua
sinistra (Tabacci e Baccini);
l’idea di una “cosa bianca” avanzata da
Tabacci e Pezzotta, che potrebbe risultare assai meno balzana
di quanto non venga fatta apparire.
Non volendo indulgere in previsioni destinate a distruggersi
in pochi giorni, attendiamo i prossimi ravvicinati sviluppi
parlamentari per poter formulare qualche
ipotesi più realistica, mentre Veltroni e il Cavaliere
affilano le armi per un confronto che si annuncia di estremo
interesse.
Don Chisciotte
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Radioformigoni,
19 Novembre 2007 |
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Diavolo di un Silvio! |
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Diavolo di un Silvio! Aveva annunciato ripetutamente l’esistenza
di una nutrita pattuglia di senatori malpancisti, tanto da
fomentare le più fantasiose ipotesi di certe compravendite
ed invece il mercato delle vacche, più educatamente
definito “voto di scambio”, sembra essere pienamente
riuscito a Romano Prodi che, dunque, mangerà anche
il secondo panettone a Natale.
Resta, tuttavia, il dato incontrovertibile della dichiarazione
di fine di questa maggioranza politica resa da Wiler Bordon
e dallo stesso Dini.
Il governo, dunque, non è morto, ma resta un zombie
che cammina a fatica..
Sembrava che anche il Cavaliere non fosse in una bella
situazione. A furia di gridare “al lupo al lupo”
ha corso il rischio che nessuno, almeno tra gli alleati,
gli credesse più. Ed invece, grazie al popolo dei
gazebo, oltre sette milioni di cittadini elettori, si è
avuto il nuovo scatto di reni di Berlusconi che lancia l’idea
del nuovo partito del popolo italiano della libertà.
Scottato dai condizionamenti degli alleati durante l’esperienza
della passata legislatura, dalla sotteranea e neanche malcelata
freddezza degli stessi oramai rassegnati alla sconfitta,
durante l’ultima campagna elettorale conclusa in solitaria
volata, ed ancor più dalla loro ultima forzata partecipazione
alla battaglia decisiva per la spallata, il Cavaliere ha
deciso di liberarsi dai lacci e dai lacciuoli degli amici
della casa della libertà e, forte del consenso dimostratogli
dal popolo dei gazebo, ha superato ogni residua titubanza
: scioglimento di Forza Italia e suo ingresso nel nuovo
partito del popolo italiano.
“ Non intendo convincere nessuno”. Queste le
sue parole lapidarie, e chi ci sta ci sta. Saranno delle
assemblee popolari a decidere modalità e forme organizzative
del nuovo partito.
A questo punto le residue resistenze, sino alle nette prese
di distanza di questi giorni di Casini e, soprattutto, di
Gianfranco Fini dall’ingombrante leadership del Cavaliere,
dovranno fare i conti con il fatto nuovo della politica
italiana: l’annuncio della nascita del nuovo partito
dei moderati che da molti, noi compresi, da tempo, ne auspicavano
la formazione.
La stessa Lega che per bocca di Maroni ha dichiarato che,
sopravvivendo il governo, si passa al confronto sulle riforme,
dovrà meditare sulla nuova situazione politica che
la dichiarazione netta fatta ieri da Berlusconi a Piazza
San Babila comporta. E le prime reazioni di Bossi e Calderoli
sono gi‡ improntate a qualche comprensibile apprensione
per le conseguenze della scelta.
Insomma, si apre una nuova fase nella vita politica del
Paese, anche per coloro che stavano già pensando
a soluzioni alternative al duo Prodi-Berlusconi .
Ora si tratta di capire se e come si intende costruire
il nuovo Partito. Per noi che da sempre preferiamo soluzioni
in linea con il sistema parlamentare di tipo europeo a quelle
presidenzialistiche e che crediamo nella democrazia dei
partiti nei quali deve valere la regola aurea di “una
testa un voto”, non possiamo che valutare con grande
interesse, non disgiunto da fondate riserve, il fatto nuovo
della politica italiana.
La spinta ci sembra nettamente orientata verso un bipolarismo
che, guai se dovesse mantenere quei caratteri di inefficienza
sin qui dimostrati. Appare evidente che si punta, anche
con l’eventuale riforma della legge elettorale, verso
soluzioni inevitabilmente tranchant per le estreme. E,dunque:
chi ci sta ci sta.
Insomma, dopo il popolo delle primarie e quello dei gazebo
berlusconiani, sembra farsi strada la possibilità
di una convergenza oggettiva di interessi tra Veltroni e
il Cavaliere, decisi a far assumere ai due nuovi partiti
il ruolo di autentici, se non esclusivi, protagonisti, con
Gianni Letta pronto a svolgere il suo tradizionale ruolo
di Gran Visir. Si dovrà, tuttavia, fare i conti con
un Paese in cui la tradizione politica culturale non è
certo quella del maggioritario. Intanto registro positivamente
l’indicazione data al quotidiano “La Stampa”
dal Cavaliere per il sistema elettorale tedesco e per costruire
di fatto la sezione italiana del PPE.
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Radio
formigoni, 12 Novembre 2007 |
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Scenari inquietanti |
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Prezzo
del petrolio in continua ascesa (quasi raggiunta la soglia
considerata sino a poco tenpo fa impossibile dei 100 dollari
a barile) e corrispondente rivalutazione dell’euro
sul dollaro in picchiata.
Banche americane e Federal Reserve
colpite dalla crisi dei mutui facili e senza copertura trasferiscono
all’estero i loro guai svalutando le enormi riserve
di dollari della Cina (i cinesi lavorano e pagano e gli
americani consumano) e inguaiando noi europei con un euro
sempre più forte. Situazione questa che se ci protegge
sul fronte del petrolio rischia di penalizzarci fortemente
su quello della competitività nell’economia
reale.
Può darsi che a livello politico,
almeno in Italia e vista la proposta di finanziaria 2008,
non ci si stia rendendo conto di dove si stia andando a
parare; mentre, nella condizione di vita quotidiana di noi
tutti, sentiamo gli effetti drammatici di una crisi destinata
a sconvolgere gli stessi rapporti a livello geopolitico.
La crescita nel costo dei mutui
aggrava la condizione di povertà progressiva dei
ceti medi che, negli anni dei tassi convenienti, hanno inseguito
il sogno della casa in proprietà e rende molto difficile
la prospettiva di vita familiare alle nuove generazioni.
Le delocalizzazioni industriali
collegate alla globalizzazione rendono sempre più
diffusa la precarietà del lavoro, cui si aggiungono
i pesanti balzelli di bollette di luce e gas in continua
crescita e un’inflazione reale che galoppa ben al
di sopra di quanto le normali statistiche ci lasciano intendere.
Si tratta di scenari inquietanti
quelli che stiamo vivendo all’interno dei quali, se
si eccettua il caso di Nicolas Sarkozy e di Angela Merkel,
il parterre della politica europea non sembra offrire statisti
all’altezza della situazione.
Non parliamo dell’Italia dove un ministro dell’ambiente,
Alfonso Pecoraro Scanio, ci racconta quotidiane sciocchezze
in materia di politiche energetiche, puntando sui mulini
a vento e sull’illusione del solare quale panacea
per i nostri problemi di approvvigionamento energetico.
E mentre tutt’intorno accade
questo, il nostro Parlamento da settimane e mesi discute
di una finanziaria fasulla che, per far restare in sella
il coccolino bolognese sempre in piedi, rilascia cambiali
a destra e a manca senza ritegno per le sorti finanziarie
del Paese.
Quella che si apre è la settimana
decisiva in cui la profezia berlusconiana sulle sorti dell’esecutivo
si adempie o si autodistrugge. Sarà l’esito
della giornata dell’agguato (Mercoledì 14 novembre
con il voto finale al senato sulla finanziaria) a dirci
come finirà la partita.
Tra chi punta alle elezioni
nel 2008 e chi intende svolgerle un po’ più
in là, sembrano prevalare questi ultimi. Chi vivrà
vedrà e don Chisciotte, come sempre, non mancherà
di registrare con puntualità fatti ed opinioni
Don Chisciotte
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Radioformigoni, 10 Novembre 2007 |
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Una mina vagante per Prodi |
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Da
tempo pensiamo che non sul welfare ma sulla legge elettorale
il governo Prodi potrebbe incappare nella sua Waterloo.
Adesso, invece, sembra che potrebbe
essere il decreto stralcio sulla sicurezza il casus belli
della fine di questa maggioranza.
La situazione dell’immigrazione
in Italia, come è noto, da tempo si è aggravata
per l’ampliarsi di quel fenomeno tipico della globalizzazione,
con al centro lo scontro tra Nord e Sud del pianeta e le
forti implicazioni derivanti dal mutamento epocale della
divisione del lavoro a livello internazionale.
Il tutto aggravato da una legislazione
farragginosa e da una burocrazia inefficiente, con un permissivismo
che copre un falso senso della solidarietà, a grande
vantaggio di delinquenti che, come diversi appartenenti
alla comunità ROM, avvalendosi della cittadinanza
rumena, e dunque europei a pieno titolo, in vrtù
del trattato di Shengen, possono tranquillamente spostarsi
da un Paese all’altro dell’Unione europea.
Sono attratti da un Paese come l’Italia,
che a differenza della Romania, severissima nelle pene che
là vengono espiate davvero e senza sconti, offre
ricchezze da rapinare al Nord come al Centro e una permissività
legislativa e giudiziaria ampiamente riconosciuta e propagandata,
sì da fare dei rumeni (certo non solo per queste
disdicevoli ragioni) la più numerosa compagine di
immigrati nel nostro Paese e, soprattutto, tra le più
responsabili di fatti delittuosi.
Appena Veltroni ha dovuto prendere
drammaticamente atto del fallimento di una amministrazione
che, negli ultimi quindici anni, ha visto crescere a dismisura
e senza controlli, un sempre più diffuso degrado
sociale, economico e culturale, ha trovato nella “caccia
al rumeno” la via per tentare di allontanare dalle
proprie responsabilità l’attenzione dei mass
media e della gente.
Immediata la risposta di Prodi,
con Amato costretto da un giorno all’altro a rimangiarsi
quanto aveva solo dichiarato ventiquattr’ore prima;
ossia l’inesistenza di una situazione di emergenza,
tale da giustificare la scelta della decretazione d’urgenza,
alla fine giocoforza adottata.
Si agita, e non senza ragioni etiche,
culturali e giuridico-costituzionali, la sinistra-sinistra
e, dunque, il percorso parlamentare, comunque necessario
anche per il decreto, non sarà per niente tranquillo.
Dove, forse, non potrà il
boccone amaro del welfare, c’è il concreto
rischio per Prodi che proprio sul tema della sicurezza,
prima ancora che sulla legge elettorale, possa compiersi
il suo destino.
Don chisciotte
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Radioformigoni,
29 Ottobre 2007 |
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E’
il cane che muove la coda |
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“E’
il cane che muove la coda e non la coda il cane”.
Quante volte ho ricordato questa espressione cara al compianto
Carlo Donat Cattin.
Osservando l’assemblea dei
costituenti riunita Sabato scorso alla Fiera di Rho-Pero
mi è venuta in mente alla vista di quei quasi tremila
delegati dei quali oltre l’80% a favore di Veltroni.
La fusione tra i cattolici dossettiani e gli ex diessini
si è compiuta e l’esito non poteva essere che
quello da sempre noi previsto: l’egemonia prevalente
degli uomini ex e post comunisti con la guida ben stretta
nelle mani di un loro stagionato esponente.
E’ la fine del prodismo, ossia
di quella fase nella quale era indispensabile agli eredi
del PCI affidare la leadership ad un esponente cattolico
non organico alla storia più autentica della Democrazia
Cristiana, da cui pure, Romano Prodi, ebbe incarichi e ruoli
non secondari. E, nello stesso, tempo, il compimento di
un processo, caro a Dossetti, Nino Andreatta e Pietro Scoppola,
di ricomposizione di un’area progressista ( si fa
per dire) catto - comunista.
Se ne é accorta subito Rosy
Bindi, esaurita la sua funzione nel controcanto precongressuale
dallo scarso esito nei consensi; come pure i 2853 costituenti
che, a parte il viaggio turistico a Rho-Pero, hanno toccato
con mano la loro sostanziale inutilità, ridotti a
spettatori passivi di una kermesse più adatta al
clima della festa del cinema romano che ad un’autentica
costituente di un nuovo partito.
Ed anche Arturo Parisi, commentando
il Veltroni double face, tra il fascinoso della mattina
(“quello delle belle parole”) e il decisionista
del pomeriggio (“ quello delle prime decisioni”
sulle nomine dei coordinatori locali e sulla composizioni
delle commissioni che dovranno definire regole e codice
etico del PD), ha subito fatto esperienza della vecchia
tradizione autoritaria e centralistica mai sopita nei leader
diessini vecchi e nuovi.
Beato Veltroni che si affida a fantomatici sondaggi che
darebbe il nuovo partito tra il 30 e il 40% e beato Prodi
che, nonostante le frequenti e sempre più insidiose
cadute al Senato, continua imperterrito a sostenere la parte
del coccolino sempre in piedi e a fidarsi dell’imperitura
fedeltà assicuratagli dal suo predestinato sicario
politico.
Vedere le sparute schiere degli
ex DC e popolari, mute e sparpagliate qua e là tra
i delegati, costretti tra qualche giorno a leggere il loro
nuovo organo di stampa ufficiale “l’Unità”,
il giornale fondato da Antonio Gramsci, in via di trasferimento
proprietario ai padroni del “Riformista” e di
“ Libero”, o, peggio, a cantare “Bandiera
Rossa”, come ha fatto il povero Franceschini in una
delle ultime assemblee precongressuali, fa veramente pena.
Patetici nella loro ingenuità
questi dossettiani post litteram: credevano di andare a
suonare, come pifferai magici, in casa dei diesse ed invece
sono stati suonati, dimenticando, per l’appunto, che
: “ è il cane che muove la coda e non la coda
il cane”
Don Chisciotte
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Radioformigoni, 22 Ottobre 2008 |
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Come le tre scimmiette |
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C’era una volta una stampa cosidetta “indipendente”
che si sforzava di registrare i fatti più significativi
che accadevano in Italia.
Adesso i giornali di “lor signori” sembrano
preoccupati solo di compiacere ai loro padroni.
Prendiamo i quotidiani che vanno per la maggiore, già
espressione della nostra vecchia e crassa borghesia: il
Corrierone e la Stampa, espressione dei salotti buoni dell’industria
italiana; quelli per intenderci che per oltre un secolo
hanno sempre saputo legare affari e politica.
Da Venerdì si è avviata in occasione del centenario,
la 45^ settimana sociale dei cattolici, ossia uno degli
avvenimenti più importanti di riflessione a tutto
campo che la cultura cattolica italiana è oggi in
grado di compiere, ma di essa, su quei due paludati quotidiani,
non c’è traccia.
Il silenzio di questi fogli laicisti e dai toni sempre più
accentuatamente anticattolici è un silenzio colpevole,
tanto più grave provenendo da redazioni di fior di
giornalisti che amano descriversi come assolutamente “indipendenti”.
Passi per la solita “Repubblica” di Scalfari
e Mauro, meglio diremmo di Caracciolo e dell’ingegnere
tessera n.1 del neonato Partito Democratico. Anche qui,
non un rigo di commento, come se oltre 1000 delegati provenienti
da varie parti d’Italia riuniti a discutere su documenti
preparati da convegni preliminari di assoluto valore, fossero
dei fantasmi dai quali rifuggire, espressione di un mondo
e di una cultura con cui, assai poco laicamente, ci si rifiuta
di confrontare.
Meglio sparare le solite bordate contro le persecuzioni
ecclesiastiche ai preti innamorati e le presunte indulgenze
verso quelli omosex, che riconoscere un dato incontrovertibile;
ossia che, purtroppo, solo dal mondo cattolico vengono quelle
approfondite riflessioni sulla condizioni della persona
e della famiglia nel mondo di oggi. Persona e famiglia da
sempre lontane mille miglia dalle menti obnubilate degli
eredi delle sconfitte vulgate veteromarxiste sempre più
orientate verso un relativismo culturale e morale senza
speranza.
D’altronde in un’Italia in cui la marcia di
un milione di manifestanti della cosa rossa contro le decisioni
sin qui assunte dal governo e sindacati viene descritta
come a sostegno del governo stesso, e in cui le quotidiane
liti tra due ministri al limite dell’ingiuria con
l’insulto da osteria praticato senza ritegno non sembrano
creare il minimo imbarazzo a chichessia, cosa ci si può
aspettare se non questi paradossi impossibili in altri contesti
sociali e culturali di appena sufficiente caratura liberal-democratica?
Siamo al punto morto inferiore della stessa tenuta di sistema.
Meno male che, pur nell’indifferenza di alcuni (purtroppo
molti dei quali facitori della cosidetta “opinione
pubblica”), a Pistoia e a Pisa donne e uomini di buona
volontà si stanno confrontando su un tema carico
di speranza: “ Il bene comune oggi: un impegno che
viene da lontano”.
Peccato che occhi ed orecchi dei
soliti noti continuino a restare desolatamente chiusi.
Don chisciotte
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Radioformigoni,
15 ottobre 2007 |
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Guarda
come dondolo |
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La finanziaria
2008 doveva essere quella della svolta. Europa, Corte dei
conti e Banca d’Italia dicono che così non
é.
Contestato dal commissario europeo
per l’economia, Joaquin Almunia, per una finanziaria
che non corrisponde agli impegni assunti dall’Italia
con l’Unione europea in merito alla riduzione del
debito pubblico e del rapporto deficit/PIL; per niente allarmato
dalle preoccupazioni della banca centrale europea per “l’allentamento
degli sforzi di risanamento strutturale delle finanze pubbliche”;
incassati gli stessi rilievi critici dalla Corte dei conti
per la mancanza di un preciso impegno per la riduzione della
spesa; messo in minoranza in commissione difesa al Senato
per gli scarsi stanziamenti a favore delle forze armate,
il governo Prodi vive alla giornata con un capo dell’esecutivo
che ogni giorno di più è costretto a dondolare
tra il SI ed il NO alla sua sofferta sopravvivenza.
Si è appena conclusa la conta
dei risultati del referendum tra i lavoratori con l’approvazione
a stragrande maggioranza dell’accordo sul welfare
siglato dai sindacati con la confindustria, che, sulla base
del voto negativo della maggioranza degli operai delle più
grandi aziende metalmeccanicche, le sinistre di Rifondazione
comunista e dei Comunisti italiani, impongono al consiglio
dei ministri alcune varianti in corso d’opera a quell’accordo:
il prezzo di una sofferta astensione che faccia loro salvare
la faccia di fronte alla base operaia.
Si agitano immediatamente Confindustria
e Cisl, che mal sopportano una violazione del metodo della
concertazione, con un intervento a gamba tesa dell’esecutivo
con cui si cambiano i patti sottoscritti tra le parti sociali
e approvati dalle loro basi. E, intanto, si attende l’esito
del confronto parlamentaare sempre a rischio
Ma non sarà il welfare e
la finanziaria a far cadere il Prodi che dondola.
Dopo il risultato scontato delle
votazioni plebiscitarie di ieri per Veltroni, con la fine
dei partiti contraenti dei DS e della Margherita e la nascita
del Partito Democratico, una domanda si pone con grande
curiosità: che farà Veltroni? Quale sarà
la sua proposta politica? Con quali alleanze di “nuovo
conio”, per usare la formuletta rutelliana, si propone
di governare?
E,soprattutto,per quanto tempo ancora
acconsentirà a Prodi di dondolare?
Non abbiamo la sfera di vetro e
non siamo cartomanti. Se, tuttavia, comprendiamo ancora
qualcosa di questa schizofrenica politica della seconda
repubblica, crediamo che, salvo qualche incidente di percorso
parlamentare sempre in agguato, ( salute dei senatori a
vita permettendo) Prodi ce la farà sino a fine anno.
Saranno gli sviluppi del dibattito
interno al nuovo partito democratico, la libertà
ritrovata dagli ex margheritini rimasti orfani e senza casa,
e, soprattutto, l’incombere pericoloso del refererendum
sulla modifica della legge elettorale, a fornire i tempi
di una crisi annunciata che, fossi nei panni di Prodi, provocherei
immediatamente per por fine ad un’agonia impietosa
per se stesso e, purtroppo, per tutto il Paese.
Don Chisciotte
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Radioformigoni,
8 Ottobre 2007 |
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Come
uscire dal cul de sac |
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Abbiamo
parlato la settimana scorsa di autunno del ceto medio con
famiglie abituate a stipendi mensili di tre, quattro milioni,
sostanzialmente bastanti prima dell’euro per una condizione
di vita dignitosa, che hanno visto ridursi il loro potere
d’acquisto di oltre il 40%, dopo che quei tre, quattro
milioni sono diventati 1500, 2000 € al mese, con gravi
ripercussioni sulla stessa qualità di vita.
Non ci fossero alcuni ammortizzatori
sociali rappresentati dalla consistente presenza di case
in proprietà (oltre il 75-80%) senza oneri per l’affitto,
qualche pensione di padre o madre convivente e altri “palliativi
all’italiana” (secondo lavoro in nero) la situazione
già insopportabile di questa parte significativa
del ceto medio italiano da lavoro dipendente potrebbe giungere
alla deflagrazione sociale.
Come garantire allora nelle buste
paga dei lavoratori dipendenti che giustamente fischiano
i sindacati e protestano contro il governo non solo a mirafiori,
un incremento di salari pari almeno al 30% per compensare
in parte il ridotto potere d’acquisto delle famiglie?
Altra strada non c’è
che quella della riduzione del carico fiscale nella busta
dei lavoratori, ossia di coloro che rappresentano i contribuenti
certi del fisco nazionale, con il prelievo automatico alla
fonte.
Questo, però, comporta un
profondo sfoltimento della giungla abnorme e parassitaria
della spesa pubblica. Probabilmente la via d’uscita
va ricercata assumendo decisioni non più rinviabili
e annunciate da tempo: la chiusura dell’infelice,
antistorica e costosa esperienza delle province e degli
enti inutili partoriti da un famelico apparato centralistico;
la riduzione drastica sino all’annullamento delle
prebende distribuite a piene mani a tutti i livelli alti
istituzionali e politico- amministrativi e, soprattutto,
rovesciando il rapporto attualmente ancora troppo sbilanciato
a favore del pubblico per il privato ( il nostro vecchio
e sempre valido slogan di “più società
emeno stato”) .
Ciò, tuttavia, presuppone
un forte consenso popolare ad un governo capace di assumersi
l’onere di tali scelte. Presupposto indispensabile:
smetterla con il raccontar fiabe alla Padoa Schioppa e parlar
chiaro agli italiani. Se si vuol evitare l’esperienza
del tanto temuto “uomo forte”, solo attraverso
un più diretto coinvolgimento dei cittadini elettori
(che, bisogna finirla di considerarli sudditi di una casta
di privilegiati inamovibili) e l’assunzione di una
generalizzata responsabilità delle forze politiche
è possibile far uscire il Paese dal cul di sacco
terribile in cui si è cacciato.
Don chisciotte
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Radioformigoni,
1 ottobre 2007 |
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L’autunno
del ceto medio |
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Fino a qualche anno fa andava di moda l’analisi socio
economica che connotava le nostre società occidentali
come le società dei “due terzi”. Si indicava
così la formazione di un blocco sociale caratterizzato
da un’omogeneità sostanziale nei modelli di
vita e nel potere d’acquisto. Ai margini il restante
terzo meno abbiente.
Oggi, se quel tipo di analisi abbia
mai rappresentato realisticamente la realtà, non
è più così.
Per coloro che, prima dell’introduzione
dell’euro, guadagnavano tre quattro milioni al mese
e si permettevano una qualità di vita soddisfacente
e genericamente riconducibile a quella del ceto medio, dopo
l’euro, con 1500, 2000 euro al mese, la musica è
totalmente cambiata.
Il potere d’acquisto e la
relativa qualità di vita negli ultimi anni si è
ridotto dal 35 al 50% con effetti devastanti non solo per
i ceti popolari ( quelli che realmente non arrivano con
il loro salarioalla terza settimnana), ma per quella stessa
classe media che in tutte le società industriali
e post rappresenta il nucleo essenziale della tenuta sociale.
Se prima, con tre, quattro milioni
al mese una famiglia di quattro persone poteva affrontare
con qualche sacrificio, il mutuo per l’acquisto di
una prima casa e, con il miglioramento del reddito, la possibilità
di un piccolo appartamento al mare o in montagna; garantire
lo studio ai figli e permettersi,oltre a qualche periodo
di ferie, qualche serata a teatro, al cinema, al ristortante
o in pizzeria; adesso,tutto ciò diventa terribilmente
difficile, anzi, in molti casi, impossibile.
E’ da questa frattura intervenuta
nel ceto medio che bisogna partire per comprendere quanto
sta succedendo a livello sociale e politico culturale in
Italia.
Quando si tocca il potere d’acquisto
del ceto medio che lavora e produce e che, nella maggioranza
dei casi (almeno per il lavoro dipendente) paga sino all’ultimo
centesimo le tasse, costringendo il lavoratore a consegnare
allo Stato l’equivalente di oltre sei mesi della propria
attività, in cambio di servizi inefficienti, se non
del tutto inesistenti, qualcosa accade nel tessuto sociale
e nelle conseguenti scelte politiche.
A questa drammatica, ma reale trasformazione
in negativo intervenuta nel ceto medio italiano che sta
vivendo una lunga e fredda stagione d’autunno che
sembra senza fine, si accompagna la crisi della rappresentanza
politica di questo stesso ceto. Prima, con la scomparsa
dei partiti storici di riferimento, sostanzialmente riconducibili
in larga parte a quelli del centro sinistra della prima
repubblica (DC in primis) ed oggi, difficilmente rappresentato
da partiti e movimentti i cui leaders ed esponenti istituzionali
sono scelti senza regole e con criteri del tutto estranei
al potere decisionale degli elettori.
Ecco perché vizi e consuetudini
della classe dirigente prima tollerate, (si badi bene una
classe dirigente che veniva in ogni caso selezionata e decisa
dal voto popolare) oggi non lo sono più e quella
stessa classe dirigente, esterna ed estranea agli elettori,
viene vista come “casta” contro la quale si
levano gli strali dei grilli parlanti di turno.
Con l’autunno e la crisi del
ceto medio e la crisi della sua rappresentanza si frantuma
il tessuto connettivo della società e la stessa democrazia
può esporsi alle più funeste avventure.
Don Chisciotte
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Radioformigoni,
24 Settembre 2007 |
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Se
la politica si rimbocca le maniche......addio Grillo |
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La
frustrazione è il sentimento di coloro che essendosi
prefissati degli scopi o avendo prefigurato per sè
degli obiettivi constatano l’impossibilità di
raggiungerli.
Alla frustrazione
si accompagna spesso l’aggressività. E’
un meccanismo psicologico diffuso che non è estraneo
a quanto sta accadendo in Italia con il fenomeno Beppe Grillo.
L’immediata adesione di giovani
e non più giovani appartenenti a ceti e categorie
sociali e culturali che tagliano trasversalmente le tradizionali
divisioni di classe, fanno assumere al grillismo connotati
del tutto particolari non riducibili al classico schema:
politica - qualunquismo. Così come in maniera ancor
più riduttiva esso viene inserito nella più
ampia categoria dell’antipolitica.
Anche questa lettura, infatti, risulta
insufficiente e fuorviante se, dopo la serie storica degli
happenings teatrali e delle più recenti manifestazioni
di piazza alla presenza sempre più grande di fans,
il comico genovese punta adesso alla formazione di liste
civiche trasversali ovunque si presentino scadenze elettorali
amministrative all’insegna della vaffanDay…Dunque,
un impegno politico a tutto tondo!
A questo si è ridotta la
cosiddetta seconda Repubblica: distrutti i partiti storici
dell’Italia post bellica e dato fiato al cosiddetto
“ nuovo che avanza” ci si trova al punto più
basso della credibilità dei partiti di nuovo conio
e delle stesse istituzioni rappresentative. L’aria
che tira è assai pesante: manca ogni barlume di speranza
prevalendo in molti la sfiducia, il disamore, appunto la
frustrazione. E tocca ad un comico offrire un simulacro,
per quanto effimero, di speranza.
Ai pifferrai che all’epoca
dell’infausto referendum Segni-Occhetto suonavano
contro la proporzionale e per l’abolizione del voto
di preferenza e dopo la distruzione per via giudiziaria
della classe dirigente della prima repubblica, è
subentrato questo giullare al quale non resta che predicare
con la forza delle sue performances tra la folla e la rete
del suo blog informatico il degrado cui è giunta
la nostra Repubblica.
Con dirigenti politici inseriti
nelle istituzioni di assai basso profilo e con una legge
elettorale che ha privato il paese reale di una effettiva
rappresentanza,quest’ultima ridotta ad espressione
diretta delle caste (spesso ridotte a poche persone quando
non riconducibili essenzialmente ad una) e preoccupate della
sola sopravvivenza, in un momento difficile per gli italiani
che si sono visti ridurre di oltre il 30% la loro capacità
di acquisto, con conseguenze tragiche sulla loro qualità
di vita, nel vuoto dei partiti ridotti a semplici macchine
elettorali e con la politica ridotta a garantire privilegi
di ogni tipo ad una sempre più odiosa Casta, risulta
facile l’azione del Nostro. Un’azione non estranea
ma assai ben strumentalizzata da lorsignori e dai loro corifei
giornalistici che da tempo puntano al controllo diretto
e senza ostacoli del sistema.
E’ chiaro che in questa condizione
di anomia e di vuoto della politica, la risposta non può
essere la sola frustrazione con annessa progressiva aggressività,
ma c’è la necessità di un di più
di autentica politica fondata sul giusto equilibrio di interessi
e di valori.
Oggi ancor più di ieri è
ancora a noi cattolici che si richede un supplemento di
impegno per offrire ancora una volta, come nei momenti più
difficili della nostra storia, una speranza al Paese che
rischia, con la progressiva decomposizione sociale, culturale
e politica, di perdere la stessa libertà.
Don Chisciotte |
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Radioformigoni,
17 Settembre 2007 |
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Così
parlò Formigoni |
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Ci eravamo lasciati la volta scorsa con l’impegno
di esaminare le proposte presentate a Rimini da Formigoni
all’annuale incontro di Rete Italia. Eccomi, dunque,
puntuale ad indicare, almeno, l’elenco di quelle indicazioni
programmatiche
Superando le contingenti polemiche
tra chi spinge per la formazione del partito unitario dei
moderati e chi scalcia nel tentativo di marcare la propria
identità e prepararsi a possibile alleanze di “
nuovo conio”, a Rimini Formigoni ha esposto alcuni
punti fermi in tema di riforma della scuola e dell’educazione;
di riforma fiscale e riduzione della spesa pubblica, con
un più forte trasferimento di fondi dallo Stato alle
regioni e agli enti locali al fine di garantire maggiore
trasparenza.
Una nuova politica del welfare (dal
welfare state al welfare society) che veda la famiglia al
centro dell’interesse con il riconoscimento del quoziente
familiare quale base di un fisco socialmente più
equo.
Nuova legge elettorale che garantisca
il sistema bipolare, l’elezione diretta del premier,
la reintroduzione del voto di preferenza o elezioni primarie
con regole certe stabilite per legge.
Necessità di riportare il
lavoro al centro del dibattito politico e culturale avendo
sempre presente che “la legge Biagi l’abbiamo
fatta noi e, dunque, difendiamola”, annunciando la
sua partecipazione alla manifestazione in piazza del 20
Ottobre.
E, ancora, liberalizzazioni per
ridurre il costo di servizi e tariffe; Ambiente e Sicurezza
in uno Stato che rischia di non essere più in grado
di garantirla, così come non sembra più in
grado di garantire lo stesso diritto di cittadinanza. Insomma
incapacità di garantire quelli che sono i fondamentali
su cui è nato lo Stato moderno.
Non dimenticando la Giustizia. Una
giustizia che fa acqua da tutte le parti, come drammaticamente
è emerso dal recente Libro Verde del Tesoro sulla
spesa pubblica e considerando che siamo in presenza di un
carico arretrato di oltre 9 milioni di processi penali e
civili; il che significa che quasi un terzo di italiani
sono ancora in attesa di giustizia.
E, infine, il federalismo per cui
da sempre si batte il governatore della Lombardia per garantire
“la sussidiarietà che è un altro nome
della libertà”(il sotto titolo del libro “Che
cos’è la sussidiarietà” di Giorgio
Vittadini, al centro del dibattito del meeting di Rimini
e che costituirà il tema di riflessione e di approfondimento
di tutta la rete Italia nel prossimo anno).
Se molti si attardano a discettare
di formule e di reversibilità delle alleanze, Formigoni
ripropone, invece, il tema dei contenuti e della necessità
di ricostruire sul piano programmatico le ragioni di un’alleanza
in grado di offrire speranze alle delusioni di una società
che rischia, con la frantumazione, di perdere il bene supremo
di una democrazia realmente funzionante. Insomma, un discorso
da autentico leader al cui ruolo il governatore lombardo
non si è fatto scrupolo di dichiarare di essere pronto
ad ambire…… non appena le condizioni politiche
matureranno.
Don Chisciotte |
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Radioformigoni,
10 Settembre 2007 |
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Tre
errori da evitare |
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A Rimini, nell’ormai annuale appuntamento degli amici
di reteitalia, Roberto Formigoni ha iniziato il suo applaudito
intervento ricordando la difficile condizione in cui versa
la credibilità del ceto politico nella considerazione
degli italiani.
Ha sottolineato
la necessità di partire da questo ineludibile dato
che non significa alimentare il sostegno ai fautori dell’antipolitica,
ma l’assunzione da parte dei politici di atti e comportamenti
innovativi e quel più di politica vera che la situazione
richiede.
Secondo elemento della sua riflessione:
l’esigenza da parte dei partiti della Casa della Libertà
di approfondire l’esame delle ragioni di una sconfitta,
quella subita nelle ultime elezioni politiche. Un esame
che non è mai stato fatto e che, in altri tempi,
costituiva un passaggio obbligato per i partiti della Prima
Repubblica.
Si è subito fatto ricorso
alla denuncia dei pur fondati sospetti di brogli elettorali
e a quella strategia della spallata che, dopo più
di un anno, è realistico prendere atto che non ha
sortito effetti positivi.
Non vì è dubbio che
il maggior danno causato al centro-destra sia stata la mancata
realizzazione di quella liberalizzazione dell’economia,
con la collegata riduzione del carico fiscale e quella vera
riforma della giustizia che erano state le stelle polari
della proposta berlusconiana agli elettori.
Primo grande errore non aver votato
subito, come saggiamente aveva suggerito il presidente emerito
Cossiga, una riforma vera della giustizia, preferendo l’inseguimento
di numerose inutili e inefficaci leggi ad personam che anzichè
ampliare gli spazi di libertà, hanno tolto credibilità
all’azione complessiva della maggioranza.
Secondo errore: le resistenze al
cambiamento promesso nel campo delle liberalizzazioni, della
riduzione del carico fiscale e del contenimento della spesa
pubblica con tutto ciò che queste scelte avrebbero
comportato in termini di riduzione del ruolo delle inefficienze
pubbliche a vantaggio di più ampi spazi di libertà
alla società. Resistenze venute soprattutto dall’UDC
e da AN, da sempre legati a settori consistenti di Stato
e parastato.
E, devastante, fu, infine l’azione
di permanente distinguo e contestazione da parte di quel
Marco Follini, segretario UDC e V.Presidente del Consiglio,
il cui esito si è certificato, ad elezione garantita
dai voti del centro destra, con il suo trasformistico indegno
cambio di campo nella presente legislatura.
Tre grandi errori di cui sarà
bene fare tesoro per garantire ai nostri elettori il rispetto
degli impegni che andremo ad assumere verso di loro. A partire
proprio dalle proposte indicate dal dodecalogo formigoniano
che contengono quanto di più attuale serve oggi all’Italia
e di cui parleremo la prossima volta.
Don Chisciotte |
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Radioformigoni,
3 Settembre 2007 |
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Segnali
di fumo |
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Con
gli interventi di Roberto Formigoni all’incontro di
Reteitalia a Rimini il 22 agosto e del Presidente Berslusconi,
Giovedì scorso, a Telese, durante l’annuale
riunione degli amici dell’UDEUR, si stanno chiarendo
le posizioni nel campo dei moderati. E dai due Poli si alzano
segnali di fumo……
Se Pierferdinando Casini ed alcuni
dei suoi amici dell’UDC continuano a porre in discussione
la leadership del cavaliere, tentando di rinviare il più
lontano possibile le elezioni, con la richiesta di approvare
prima la riforma della legge elettorale e, poi, quella di
qualche altra norma costituzionale (insomma, roba di alcuni
anni più che di mesi), nessuno, di quel che resta
della Casa delle libertà, tra Forza Italia, AN e
Lega, pensa che si possa affrontare una prossima competizione
elettorale senza la guida e la leadership carismatica di
Berlusconi.
Anche Formigoni l’ha messo
in chiaro una volta per tutte a Rimini: Berlusconi è
e rimane, almeno in questa fase, il leader indiscusso della
Casa delle libertà e la personalità intorno
a cui costruire la nuova compagine di governo se, come i
sondaggi sembrano indicare, i moderati torneranno ad essere
maggioranza nel Parlamento, così come lo sono da
sempre nel Paese.
Altra questione è e sarà
il tema della leadership nel partito che inevitabilmente
si dovrà costruire in tempi non rinviabili sine die
e, quella collegata, di un futuro post berlusconiano ( per
ora prospettiva fuori della realtà).
A Telese il Cavaliere ha definitivamente
chiarito la sua volontà di arrivare al più
presto ad elezioni politiche, superando questa incredibile
farsa di un governo che sopravvive indecorosamente alle
quotidiane risse tra i ministri e i numerosi partiti di
un ‘ Unione che più disunita di così
non si può.
Ma, fatto ancor più significativo,
dopo le manovre di avvicinamento ai diversi sopravvisuti
spezzoni democristiani, Berlusconi ha provocatoriamente
annunciato, per stimolare le aspirazioni di Mastella e dei
suoi, di essere pronto a cedere ai più giovani la
guida del nuovo partito dei moderati, sezione italiana del
Partito Popolare Europeo,
Le sue parole sono state: “mettetevi tutti insieme,
datemi una carica onoraria e vi lascio il partito dei moderati.
Al di là della boutade, Berlusconi
comprende bene che il passaggio delle elezioni anticipate
con la sua leadership di governo comporta il costo della
nascita di una federazione prima e di un partito dei moderati
o della libertà poi, che possa fissare obiettivi
e traguardi oltre i naturali tempi politici dei singoli
protagonisti, Cavaliere compreso.
Ciò corrisponde a quanto
auspicato dall’On Fini e da chi come noi da molti
mesi ed anni lo vanno auspicando.
Certo in questa prospettiva, ben
venga l’azione di quanti, Maria Vittoria Brambilla
compresa, si stanno dando da fare per recuperare il massimo
dei consensi tra gli elettori moderati, ma attenti: quello
che vogliamo è la nascita di un vero nuovo partito
in cui le decisioni vengano assunte in base alla regola
aurea : “una testa un voto” e dove si possano
liberamente confrontare le diverse sensibilità e
culture politiche. A partire di quella di noi cattolici
che, certo, non staremo alla finestra passivamente a guardare.
E ,in questa prospettiva , bene
ha fatto Roberto Formigoni a porre il tema della sua disponibilità
a concorrere con metodo democratico alla scelta del futuro
leader, accompagnando questa sua volontà dall’indicazione
di un dodecalogo programmatico di cui parleremo la prossima
volta.
Ora abbiamo diversi aspiranti campioni
in campo e il risultato del recente sondaggio dei quotidiani
“ Il Giorno”, “ Il resto del Carlino”
e “ La Nazione” sull’eventuale leadership
della Casa delle libertà del nostro Formigoni ( ben
si intende dopo Berlusconi) ci lascia ben sperare. E, dunque,
che il confronto si apra tra quanti aspirano, con Berlusconi,
a ridare ai moderati il ruolo dirigente nel e del Paese.
Don Chisciotte
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Radioformigoni,
23 Luglio 2007 |
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Voglia
di Sarkozy |
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Immaginate
un presidente del consiglio indagato a Bolzano e a Catanzaro;
i capi del partito più forte della coalizione di
maggioranza indagati dalla procura di Milano; il v.ministro
delle finanze indagato da quelle di Roma e di Milano e il
suo ministro oggetto di querela per diffamazione dall’ex
comandante generale della Guardia di Finanza; il capo di
gabinetto del ministero degli Interni e già capo
della polizia indagato dalla procura di Genova; l’ex
governatore della Banca d’Italia anch’egli indagato
da diverse procure italiane; idem il capo dei servizi segreti
.
In uno scenario assai meno inquietante
di questo cadevano ad una ad una le teste dei ministri della
prima Repubblica appena sfiorati dall’iscrizione nel
registro degli indagati e, per ancora assai meno implose
per l’impotenza e la coda di paglia di alcuni la stessa
Prima Repubblica
Ora gli inquirenti di allora o sono
diventati ministri del governo guidato da una loro antica
conoscenza e in compagnia di alcuni degli attuali indagati
o vestono senza timore l’agognato lati clavio senatoriale.
E lo fanno sbandierando un’assai poco credibile bandiera
dell’Italia dei valori o allineati e coperti dietro
a quella rossa con la falce e martello, amica di sempre.
Ed allora se la credibilità
di questo governo è ridotto ai minimi storici nella
valutazione dell’opinione pubblica non c’è
da meravigliarsi.
Eppure continuano con facce di bronzo
al limite dell’improntitudine, nella convinzione che
mollare adesso potrebbe voler dire consegnare senza combattere
il potere all’odiato Cavaliere e rinviare sine die
la possibilità di riconquistare le poltrone così
faticosamente occupate, ancorchè in maniera contorta
al limite dei brogli elettorali tuttora oggetto anch’essi
di indagine senza possibilità di reale verifica.
E’ una situazione paradossale
al limite della tenuta del sistema democratico.
E molti italiani logorati dalle
scelte assurde e irresponsabili di un governo che, pur di
accontentare una parte del proprio elettorato cui si era
promesso ciò che non era oggettivamente proponibile
(l’annullamento dello scalone previsto dalla riforma
Maroni delle pensioni varata dal governo di centro destra),
guardano con invidia a ciò che al di là delle
Alpi i cugini francesi hanno saputo operare con la scelta
presidenziale di Nicolas Sarkozy. In poche settimane sta
letteralmente rivoluzionando la Francia con quella determinazione
e sicurezza che sono state alla base del successo su Segoléne
Royal.
Nel discorso di Epinal, tenuto nei
giorni corsi in cui ha presentato per la prima volta le
sue personali “ piste di riflessione”, Sarkozy
ha ribadito che: se “ i francesi mi hanno eletto alla
testa dello Stato è per condurre il cambiamento”.
C’è una voglia diffusa
di un Sarkozy italiano capace di superare le contraddizioni
di un sistema impazzito e bloccato e le ricorrenti dimostrazioni
di ampio consenso popolare attorno alla figura del Cavaliere
sono il segnale della ricerca di uno sbocco politico in
grado di superare le contraddizioni ed i limiti di un sistema
di potere dei partiti ridotti sempre più a comitati
d’affari guidati da leader non più credibili,
tenuti a galla solo da un perverso meccanismo che fa della
cooptazione,alternativa alla preferenza liberamente espressa
dagli elettori, la condizione attraverso cui essi determinano
i percorsi e le carriere politiche dei propri seguaci, sempre
più fedeli cooptati e sempre più lontani dagli
interessi e dai valori della gente.
Ahimè, se si esclude il Cavaliere
che sembra ritrovare ogni giorno di più credibilità
e charme tra gli elettori, assai poco di veramente nuovo
si intravede nello scenario nazionale.
In attesa che il referendum giunga
ai suoi esiti si sta discutendo sul se e come superare l’attuale
fase di profonda decadenza politica senza rimpianti. Se
non proprio Sarkozy almeno qualche leader caratterizzato
da una indiscussa credibilità politica e di provata
esperienza di governo è tempo che si affacci sul
proscenio nazionale. Può darsi che le elezioni siano
più vicine di quanto non appaia ed anche se il duello
a breve non potrà che vedere confrontarsi a singolar
tenzone l’indomito cavaliere di Arcore e l’ondivago
e inconcludente sindaco di Roma, ci auguriamo che altri
protagonisti possano presentare le loro credenziali per
porsi alla ribalta come risorse preziose della nostra Repubblica.
Da questo punto di vista le recenti
sortite del nostro Roberto Formigoni ci fanno ben sperare
convinti come siamo che sarà ancora dalla Lombardia
che potrà venire all’Italia quella spinta di
innovazione senza la quale saremo destinati alla sicura
ruina.
Don Chisciotte |
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Radioformigoni, 16 Luglio 2007 |
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Non
se ne può più |
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Non
bastava il filmato dei brogli elettorali perpetrati in Australia
nelle votazioni degli italiani all’estero, ennesima
prova di una conclusione anomala dell’ultima tornata
elettorale.
E nemmeno lo scandalo di un’Associazione
Nazionale magistrati che ricatta il Parlamento, unico depositario
della sovranità popolare, minacciando scioperi subito
rientrati ad incasso ricevuto.
E non bastava la crisi apertasi
tra i diversi livelli istituzionali della nostra democrazia.
Avevamo sperato in un atto di ravvedimento
dei nostri senatori a vita. Invece, ancora una volta, hanno
dato l’ennesima dimostrazione di contribuire ad alterare
quel confronto tra le forze reali del Paese che le anomale
conclusioni elettorali di cui sopra hanno reso difficilissimo
al Senato.
Prima Andreotti salva il governo
e venerdì scorso i soliti esponenti di un partito
mai votato hanno salvato, sempre per un voto, Prodi e i
suoi compagni su una controriforma della Giustizia che anziché
risolvere finisce con lo scontentare tutti: magistrati ed
avvocati.
Il tutto in un Paese in cui la fiducia
nelle istituzioni è giunto al limite morto inferiore.
Ha un bel dire il Presidente Napolitano
che finchè c’è un voto di più
al Senato non si può fare nulla. Certo la situazione
è al limite della sopportazione e della tenuta democratica
del sistema. Basta poco per far trasformare l’onda
crescente antipartitica e antiparlamentare in un vero e
proprio strappo della stessa democrazia.
Non ci sono scorciatoie come quelle
malcelate da Rutelli e da Casini di un nuovo centro-sinistra
puntellato dall’UDC. Pensare di supplire ai 150 e
passa voti delle diverse sinistre con le deboli truppe udicine
resta un miraggio solo nei cervelli di qualche illuso.
Alla crisi politica, istituzionale
che accompagna quelle ancor più gravi culturale,
economica e sociale, c’è solo una via d’uscita
così come previsto dalla nostra Costituzione. Si
ridia la parola agli elettori e si determinano le condizioni
per una vera svolta politica del nostro Paese.
Continuare a tenere in vita un ectoplasma
di governo con la respirazione bocca a bocca di senatori
senza più alcuna rappresentanza reale è far
male a se stessi e, ancor di più, alla stessa democrazia
repubblicana.
Intanto giunge notizia che
Rosy Bindi ha deciso che si candiderà in alternativa
a Veltroni. Coraggiosa la nostra stagionata pasionaria di
Sinalunga. Ma chi rappresenterà nel nuovo Partito
democratico a sicura egemonia diessina? I cattolici adulti
di Prodi? Le mosche cocchiere dossettiane cattocomuniste?
Certo non i teodem di Binetti, Bobba e Carra ( a proposito
ma che ci staranno mai a fare questi onesti difensori dei
valori cattolici in questo nuovo raggruppamento senza più
tradizioni e senza approdi?). Ad ogni modo in un pollaio
pieno di capponi almeno la Bindi dimostra di possedere gli
attributi. Ed, allora, tanti auguri alla Rosy e che i giochi
aperti dai due galli cedroni, D’Alema e Marini, possano
trovare qualche ostacolo alla loro riuscita.
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Radioformigoni,
8 Luglio 2007 |
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La
repubblica dei capibastone |
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Venerdì
scorso da Brescia a Venezia l’Eurostar 9713 viaggiava
con un’ora e mezza di ritardo.
I vagoni con il sistema di condizionamento fuori uso sembravano
cabine da bagno turco: i viaggiatori furenti.
Sabato mattina all’ufficio
postale è stato impossibile ritirare il passaporto
per lo sciopero dei dipendenti e i cittadini, molti dei
quali solo al Sabato possono espletare alcune pratiche burocratiche,
letteralmente fuori dai gangheri.
Insomma in due sole giornate ho
provato quello che si sente ogni giorno dai telegiornali
e si legge sui quotidiani: non c’è categoria
che non protesti e il Paese sembra sempre più ridotto
alla condizione dantesca di: “nave sanza nocchiero
in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello”.
Apro i giornali sabato e leggo che
D’Alema, snobbando le prossime scadenze che riguardano
leadership e avvio del nuovo Partito democratico, si chiama
fuori essendo impegnato a “far altro”, prefigurando
per sé, nell’immediato futuro, l’incarico
di facente funzione del ministro degli esteri dell’Unione
Europea al posto di Xavier Solana.
Da cosa gli derivi questa sicurezza
di un ‘Europa, oramai in prevalenza guidata dai partiti
che si ispirano al Partito Popolare Europeo e con quelli
dell’est europeo fortemente orientati in senso euroatlantico,
pronta a favorirne l’approdo è mistero da interpretare.
Diffusa è, in realtà,
la sensazione di un crisi irrimediabile della seconda repubblica
dopo i conflitti istituzionali tra Governo e massime autorità
della guardia di Finanza e della polizia, con lo scontro
avviato tra Consiglio superiore della magistratura e organi
preposti alla sicurezza dello Stato e un Parlamento ridotta
alla totale impotenza legislativa generandi.
Assoluta confusione non solo dal
lato delle politiche economiche e sociali (formulazione
del DPEF, federalismo fiscale, rapporti tra Stato, Regioni
ed enti locali; riforma pensionistica e utilizzo del tesoretto
variabile nelle mani del ministro Padoa Schioppa con il
suo permanente sorriso chaplianiano a piena dentiera ),
ma anche e soprattutto totale è la confusione sul
piano della riforma della giustizia; su quello della legge
elettorale sospesa tra l’impotenza politica di un
parlamento bloccato tra forze che si annullano nelle contrapposte
soluzioni e un referendum sempre più minaccioso che,
in assenza d’altro, segnerà la fine di questa
legislatura.
Pressoché unanime tra tutti
i capibastone dei diversi partiti, senza eccezione alcuno,
la difesa di un sistema senza le preferenze, che ha ridotto
la rappresentanza politica ad una classe assai poco dirigente
quanto piuttosto eterodiretta perché scelta per cooptazione
dall’alto.
Sino a quando non si tornerà
ad un sistema in cui la scelta degli eletti tornerà
con la preferenza in mano agli elettori, obbligando gli
eletti a mantenere uno stretto rapporto con le realtà
di base, scivoleremo sempre più su una china pericolosa
antidemocratica e sempre più netto sarà il
distacco tra paese legale e paese reale.
E’ tempo che coloro che anche
in politica affondano le loro radici nei principi e nei
valori della dottrina sociale della Chiesa facciano sentire
alta e forte la loro voce.
E’ tempo che coloro che si
rifanno alla tradizione e alla realtà del partito
popolare europeo superino le attuali divisioni interne per
costruire insieme quella sezione italiana del PPE che, per
il centro moderato italiano, può e deve rappresentare
il punto di riferimento essenziale nel contesto dell’Europa.
Proprio per approfondire questi
temi, il prossimo 12 ottobre ci riuniremo a Firenze con
cattolici e laici di diversi schieramenti partitici per
ragionare insieme sul ruolo dei cattolici in questa fase
difficile di tormentata transizione dalla seconda Repubblica
alla Quarta Fase della nostra storia repubblicana.
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Radioformigoni,
2 Luglio 2007 |
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Una
situazione ….Speciale |
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In
gamba il generale Speciale! Militare tutto d’un pezzo
non poteva far finta di nulla dopo le infamanti accuse rivoltegli
al Senato dal ministro Padoa Schioppa per giustificarne
la rimozione.
Ed ora, oltre al Visco indagato
dalla procura di Roma, si aggiunge una denuncia per diffamazione
e calunnia da parte dell’ex generale comandante della
Guardia di finanza nei confronti del ministro Padoa Schioppa
e dello stesso Capo del Governo, Romano Prodi, ritenuto
responsabile del documento presentato in Parlamento: “Accuse
del Governo al generale Speciale”.
Se fossimo in un Paese normale quel
ministro arrogante si sarebbe dimesso da tempo, ma, riconosciamolo,
non siamo più un Paese normale.
Napoli è sommersa dall’immondezza,
la gente non ne può più,Bertolaso sconsolato
sembra gettare la spugna e Bassolino e la Iervolino che
fanno? Restano silenti e impotenti incollati alle loro poltrone
come se la faccenda non li riguardasse.
A Roma un gruppo di pendolari napoletani
occupano i binari pretendendo di viaggiare gratis per una
vecchia promessa di rimborso non mantenuta sempre dell’ineffabile
governatore campano. Quello che, con l’aiuto di suo
figlio banchiere, è impegnato a trasferire, con complicate
operazioni finanziarie, ai futuri amministratori campani
gli oneri di una gestione amministrativa fallimentare da
incubo e che fa rimpiangere ai napoletani il tempo di Lauro,
dei Gava e Cirino Pomicino.
Sempre a Roma, infermieri in rivolta
per la scarsità degli organici, per protestare decidono
di mettersi in malattia tutti insieme, come colpiti da improvvisa
epidemia, senza che qualcuno abbia qualcosa da dire.
E, mentre in varie parti del Paese,
con preferenza a Milano e Roma, la violenza sulle donne,
disordini e reati di ogni tipo sono consumati sempre più
frequentemente da singoli o da gruppi di immigrati irregolari,
il governo vara una legge che garantirà un accesso
ancor più libero ad un’immigrazione senza regole,
con il solo scopo di annullare quanto di positivo aveva
assicurato la Legge Bossi-Fini.
Insomma siamo in piena confusione
istituzionale, politica e ad un grande disorientamento morale,
politico, culturale e sociale in una situazione economica
per molte famiglie al limite della sostenibilità.
Il conflitto istituzionale scatenato
dal caso Governo-generale Speciale (perchè non riguarda
adesso solo il vice ministro senza deleghe) potrebbe concludersi
con le dimissioni di Visco “spontanee” o sollecitate
da un voto annunciato al Senato su una mozione della Casa
della Libertà.
Con la raccolta delle firme per
il referendum sulla legge elettorale che continua e l’impasse
parlamentare su una soluzione condivisa del tema, il meccanismo
ad orologeria della crisi si è già avviato
e se non è per lo “scalone”, sarà,
forse, proprio quello della legge elettorale il casus belli
che provocherà la fine anticipata della legislatura. |
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Radioformigoni,
25 Giugno 2007 |
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Quello
della tessera n.1. |
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Incappati
nelle compromettenti intercettazioni del caso Conforte-Unipol,
preso atto della fallimentare gestione del governo Prodi,
finiti in mezzo al guado di un’operazione politica
che ha già segnato nella carne i DS con la rottura
di Mussi, Angius e Salvi della Sinistra Democratica, per
non perdere l’intera partita, D’Alema e Fassino
con i DS non potevano che rifugiarsi tra le braccia del
giovane Walter.
Operazione necessitata con la benedizione
di Marini e Rutelli che fa, tuttavia, indisporre Prodi e
li seguaci sui, i quali,si rendono conto che, al di là
delle assicurazioni di rito, la nomina di un segretario
a tutti gli effetti del Partito Democratico, con tanto di
benedizione popolare di primarie scontate, non potrà
che far scattare il meccanismo ad orologeria della crisi
di governo.
Sembrano agitarsi alcuni altri candidati
in pectore, come Bersani appoggiato dal riformista Enrico
Letta, ma, forse più per garantire un’apparente
scenografia democratica a delle primarie ottombrine che
si annunciano senza storia.
Insomma è finita come doveva
finire: i DS si riprendono l’egemonia del nuovo partito
e i neodossettiani, ex popolari ed ex DC ridotti a ruote
di scorta come sempre si è detto ricordando l’adagio
donatcattiniano del “cane che muove la coda”.
Proprio come aveva pronosticato quel grande amico dei proletari
Carlo De Benedetti, non a caso tessera n.1 del PD.
Adesso, però, è tempo
di prepararsi alla nuova situazione politica che si prospetta.
L’ipotesi del governo di larghe intese è definitivamente
tramontata , se anche D’Alema sostiene che dopo Prodi
ci aspettano le elezioni. E come potrebbe essere diversamente
dopo che, con l’attuale sistema elettorale, si è
votato per scegliere tra due coalizioni alternative e tra
due leaders confrontatisi a singolar tenzone? Può
solo nascere un governo del presidente per votare il bilancio
e una riforma elettorale largamente condivisa e poi tutti
al voto.
Le velleità di Casini e company
si infrangono definitivamente contro il muro della realtà
e alla Casa della Libertà non resta che ritrovare
la perduta compattezza attorno all’unico leader oggi
nelle corde dei moderati, cioè Silvio Berlusconi.
Certo è intrigante la proposta
di Pezzotta e potrebbe diventare appetibile anche agli scontenti
della Margherita, oltre all’UDEUR, se solo finalmente
si cominciasse per davvero a costruire la sezione italiana
del PPE. Operazione nella quale tutte le energie andrebbero
utilizzate, compresa quella intelligente dell’amareggiato
Tabacci.
Bisogna stare attenti a questi ultimi
colpi di coda velenosi del governo Prodi senza più
ritegno: via il capo dei servizi segreti, Nicolò
Pollari; via il generale Roberto Speciale, comandante della
Guardia di Finanza e adesso via il Capo della Polizia, Gianni
De Gennaro. In poco più di un anno si è occupato
tutto quanto l’occupabile senza risolvere alcun problema.
Decisionisti al massimo nello spartirsi gli incarichi quanto
impotenti nel governare realmente il Paese.
Speriamo che finalmente se
ne accorgano anche quegli “eminenti personaggi”
dei senatori a vita che hanno dato lustro all’Italia
: ossigeno allo stato puro per un paziente in coma permanente.
E’ triste riconoscerlo, ma, forse, spetterà
proprio a loro staccare la spina dopo l’estate, con
tutti quei pavidi e dal sedere incollato alle poltrone che
si ritrovano nell’Ulivo e nei cespugli d’intorno.
Sono anche pronti i quattro della sinistra- sinistra (Mussi,Bianchi,Ferrero
e Pecoraro Scanio) con la lettera ultimatum a Prodi e pure
Clemente Mastella, stavolta, sembrerebbe fare sul serio.
Chi vivrà vedrà.
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Radioformigoni,
18 giugno 2007 |
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Verso
la “Quarta Fase” |
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Romano
Prodi sembra colpito dalla “sindrome dell’anguilla”:
scivola via dall’assemblea della confartigianato dove
manda il povero Bersani, vittima sacrificale come Davide
nella fossa dei leoni; si sottrae da quella sui servizi
sociali di Padova per evitare di incrociare i contestatori
dell’allargamento della base Nato al Dal Molin di
Vicenza.
Insomma ogni volta che si affaccia
a qualche convegno o manifestazione pubblica sono gragnuole
di fischi e di insulti. Viene contestato da associazioni
di categoria, da studenti ed operai; con i pensionati alla
fame si risponde con la polizia, come mai era avvenuto prima
in Italia; mentre con i no global e i black bloc si attua
la strategia flessibile del prefetto Serra.
Il governo sembra aver perso ogni
giorno di più il controllo della situazione ed anche
all’interno di una maggioranza sempre più sbrindellata
si attende solo il tempo in cui il killer assesterà
il colpo mortale con cui decretare la fine della corsa.
Situazione confusa in casa diessina
con Fassino e D’Alema che reagiscono con toni ed atteggiamenti
diversi agli attacchi alle loro telefonate imprudenti con
Consorte al tempo della scalata Unipol alla BNL; algida
difesa d’ufficio del premier, anche lui chiamato in
causa dalle telefonate nell’affaire e silenzio assai
poco incantatore degli uomini della Margherita. E’
in questo clima non proprio idilliaco che dovrebbe nascere
il partito democratico.
Anche nella sinistra di rifondazione
e dei comunisti italiani ci si lecca le ferite dopo il flop
della mancata adunata antiamericana di piazza del popolo
e il sempre più forte distacco da quei movimenti
dei no global e dei centri sociali che pure ne avevano costituito
la base di rappresentanza.
Insomma è lo sfascio del
blocco sociale, politico e culturale su cui si era tentata
l’operazione di uscita dalla terza fase, iniziata
con l’assassinio di AldoMoro e proseguita con la fine
della prima repubblica; uno sfascio che sfocia nell’agonia
rantolosa della seconda repubblica.
Il tentativo dei neo dossettiani
di ricomporre il sogno dell’antico maestro di unificare
le sinistre marxiste con quelle di ispirazione cattolica
è miseramente fallito nelle finte leadership dei
Franceschini, Letta e Castagnetti (per non parlare del voltagabbana,
l’impresentabile e indifendibile Marco Follini) proprio
nel momento in cui un grande leader sindacale, come Savino
Pezzotta, dopo la straordinaria giornata del family day,
si convince che non c’è posto per i cattolici
nell’annunciato Partito Democratico e si appresta
a ricomporre le fila di una presenza impegnata di cattolici,
oggi nel prepolitico, sociale e culturale, ma con inevitabile
proiezione istituzionale futura.
E’ tempo di riflessione per
tutti e mentre serve un governo di decantazione per un cambiamento
veloce della legge elettorale e il rapido ritorno alle urne,
se, da un lato, la Regione Lombardia con Roberto Formigoni
si interroga con un seminario appena concluso sull’esperienza
assolutamente originale ed innovativa a livello europeo
del modello di welfare e di governance sussidiaria lombardo;
dall’altro un gruppo di ex combattenti e reduci della
sinistra sociale DC, si danno appuntamento ad Ottobre a
Firenze, per attivare, con la celebrazione del 25° anniversario
della rivista “il governo delle cose”, ancella
della più famosa “Terza Fase” di Carlo
Donat Cattin, una riflessione a tutto campo sulle prospettive
politiche dei cattolici nel tempo di questa ormai avviata
“Quarta Fase”.
Anche se spiacerà a qualcuno:
c’è ancora bisogna di “intellighenzia”
cattolica per uscire dalla crisi. |
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Radioformigoni,
11 maggio 2007 |
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Crisi
superata, ma per quanto ancora? |
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Minaccia di crisi , almeno per adesso, superata, con il voto
a maggioranza con cui si è concluso il dibattito al
Senato sulla vergognosa storia tra il V.Ministro Visco e il
generale comandante della Guardia di Finanza Speciale.
Prodi, come Coccolino, ancora una volta resta in piedi, ma
il suo governo è sempre più un’anatra
zoppa.
Mastella e Casini,
dopo il pranzo consumato in comune nei giorni scorsi, agiscono
come talpe all’interno di entrambi gli schieramenti:
il primo esternando ogni giorno il suo malumore per la tenuta
di un governo sempre più impotente e l’altro
invocando un nuovo governo Marini, senza leaders politici,
destinato a durare sino al 2009, anno in cui si propone
di unificare elezioni europee e politiche generali.
Prove, insomma, di ricostituzione
di un grande centro, che rincuora i nostalgici democristiani
d’antan come me, ma fa a pugni con la realtà
di un bipolarismo da cui non si torna più indietro.
Movimenti anche tra i teodem e dintorni con Savino Pezzotta
in veste di capopolo ed ora non solo per la Piazza come
per il Family day…..
I DS, dopo il caso Visco, tremano
all’annuncio della desegretazione dei verbali sull’affare
Unipol-Consorte, mentre il quotidiano “ LA STAMPA”
pubblica una serie di notizie relative a conti esteri che
vedrebbero coinvolto Massimo D’Alema collegati a strani
movimenti di denaro al tempo dell’affare Telecom.
Se i diessini vivono una condizione
terribile, con l’intervenuta rottura con il gruppo
costituitosi della nuova sinistra democratica (Mussi, Salvi
e Angius), orfani del proprio partito e in mezzo al guado
di una difficile attraversata verso il nuovo Partito democratico,
Forza Italia e il Cavaliere sembrano vivere una nuova giovinezza
e un ritrovato feeling popolare .
Alle manovre centriste del duo Casini-Mastella,
dopo il voto dei ballottaggi, assisteremo alle contromosse
di Berlusconi, Bossi e Fini e qualcosa di più si
capirà sull’evoluzione del quadro politico.
Intanto, però, Trichet aumenta
il tasso di sconto a livello europeo con conseguenze pesanti
per i numerosi titolari di mutui a tasso variabile, accesi
per comprar casa negli anni scorsi, tempi in cui il danaro,
dopo l’introduzione dell’euro, era giunto a
livelli di costo tra i più bassi mai visti in Italia
e l’Ocse boccia il sistema pensionistico italiano
che, già così come è attualmente configurato,
prospetta ai nostri giovani, se non si porrà presto
mano alla riforma, pensioni da fame con quote mensili inferiori
al 40% del loro ultimo stipendio. Una situazione drammatica
per chi, con i già bassi salari mensili attuali,
non può certo pensare di accumulare risparmi per
il tempo della vecchiaia.
Questione sociale ed economica
e situazione politica si intrecciano indissolubilmente :
non si capirebbero altrimenti l’entusiasmo verso il
Cavaliere sognato come il deus ex machina di una politica
rinnovata e i fischi permanenti a Romano Prodi, espressione
patetica di un ‘impotenza pari solo all’arroganza
con cui difende un governo sempre più allo sbando. |
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Radioformigoni,
4 giugno 2007 |
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Un
governo allo sbando |
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Adesso non si tratta più di sondaggi ma di voti liberamente
espressi. E il verdetto è inequivocabile: la distanza
tra la maggioranza di governo e la casa delle libertà
è di quasi venti punti percentuali se solo consideriamo
i risultati delle elezioni provinciali; mentre ovunque, anche
nelle tradizionali zone rosse, si verifica un aumento di voti
assoluti e percentuali della coalizione di centro-destra e
perdite a doppia cifra per quella di governo.
Hanno
voglia di affermare che si tratta di risultati di elezioni
amministrative, il senso politico di quel voto è
netto, così come nette sono le conseguenze che si
riflettono sul quadro politico nazionale e all’interno
e nelle relazioni tra i partiti.
Confusione totale nel centro-sinistra
con i costituenti del nascente partito democratico costretti
a diuturne riunioni plenarie per tentare di risolvere il
rebus: leadership di partito e/o leadership di governo;
come preparare l’alternativa a Prodi senza rischiare
il peggio, con un capo del governo sempre più arrogante
e ovviamente indisponibile a qualsivoglia soluzione che
lo costringa all’angolo.
Ed allora tra chi vuole accelerare
il processo (Margherita e Diesse) con la nomina di un segretario
politico a tutti gli effetti e chi intende posticipare la
nascita di una pericolosa diarchia ( i prodiani) finisce
con compromessi precari messi in discussione un minuto dopo
che si è fatto finta di aver raggiunto un’intesa.
Resta la realtà di uno scarsissimo
appeal tra la gente del nuovo partito, mentre le componenti
di sinistra-sinistra vanno ricercando una possibile intesa
e nella casa delle libertà, nonostante gli equilibrismi
sempre più equivoci di Casini, si riconferma prepotentemente
la leadership popolare e carismatica del Cavaliere.
Bloccati sul piano dell’iniziativa
parlamentare con il caso Visco-generale Roberto Speciale
si rasenta il “golpe blanco” con un fedele servitore
dello Stato dalla schiena dritta, che, rifiutandosi di dare
immotivate dimissioni, viene “sollevato dall’incarico”
con l’ipocrita contentino della Corte dei conti, per
colpa di un ambiguo vice ministro costretto a rinunciare
“temporaneamente” alla delega più importante
per il responsabile delle finanze: la delega sulla Guardia
di Finanza, ossia lo strumento fondamentale per il controllo
e la repressione dei reati fiscali. Insomma un vero e proprio
oltraggio ad un corpo benemerito dello Stato per evitare
i rischi di un bruciante voto di sfiducia al Senato che
avrebbe fatto cadere il governo.
Cosa sarebbe successo se un tale attacco alle istituzioni
dello Stato fosse stato fatto dal governo Berlusconi? Ma
si sa, oramai questo governo non ha più ritegno.
Infischiandosene dell’appello del Capo dello Stato
ad un più sereno dialogo con l’opposizione,
adotta una decisione grave e senza precedenti nella storia
dell’Italia democratica, e tutto questo per consentire
a Prodi qualche settimana o, forse, qualche mese di più
alla guida di un esecutivo in agonia, risultato di una politica
oramai giunta al capolinea. |
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Radio Formigoni,
28 Maggio 2007 |
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Crisi
della politica o crisi di governo? |
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In attesa
dei risultati delle amministrative che hanno interessato
oltre dieci milioni di elettori la situazione politica denuncia
segnali di forte instabilità.
All’intervista di D’Alema
al Corriere con cui preconizzava una crisi della politica
simile a quella del 1992 -93 che portò alla fine
della prima Repubblica, ha fatto seguito l’ultimo
intervento di Luca Cordero di Montezemolo all’assemblea
generale di Confindustria, in cui il presidente uscente
degli industriali italiani, appena incassato il pagamento
del cuneo fiscale dal governo Prodi, ha sparato ad alzo
zero contro lo stesso governo e contro i politici, anticipando
un manifesto elettorale che ha tutto il sapore di un programma
politico per una possibile discesa in campo del leader della
Fiat e della Ferrari.
Preoccupazioni immediate dell’estrema
sinistra e malcelato disappunto del premier Prodi che, a
meno di un anno dal suo insediamento, ha visto svanire,
con il consenso nel Paese, lo stesso blocco sociale, economico
e culturale che l’aveva sin qui sostenuto. Quello
dei sindacati, sempre più sul piede di guerra per
il mancato rispetto degli impegni assunti e, fatto ancor
più emblematico, quello di “lor signori”
che pure si erano apertamente schierati a suo favore, con
lo stesso leader di confindustria che, solo adesso, sembra
convertito a toni e a progetti del tutto simili a quelli
berlusconiani, dopo aver subito la sofferta contestazione
dell’anno scorso a Vicenza.
Siamo in presenza di un governo
senza più orientamento e capacità di decisione
mentre, in attesa degli esiti della raccolta delle firme
a favore del referendum sul sistema elettorale, non si intravede
un compromesso possibile tra i partiti, in numero sempre
più crescente, in Parlamento.
Tragicomica vicenda della guerra
dei rifiuti a Napoli e nella Campania, con un governatore
dimostratosi incapace che, anziché subire l’inevitabile
sanzione della sua accertata inettitudine, ossia le doverose
dimissioni, si vede premiato con la nomina della nomenclatura
tra i 45 grandi elettori del nuovo partito democratico;
insostenibile posizione del ministro
Visco dopo le clamorose rivelazioni della deposizione fornita
ai giudici dal generale comandante della guardia di finanza
frettolosamente liquidati a suo tempo, come “normali
procedure di avvicendamento”;
scollamento totale tra i partiti di governo venuto a galla
nella fallimentare conferenza della Bindi sulla famiglia,
mentre Mastella ogni giorno di più minaccia la sempre
più probabile uscita dalla maggioranza.
In questa difficilissima congiuntura
politica, ragionevolezza imporrebbe la crisi di governo
e il conseguente ricorso alle urne, chè stavolta
il verdetto sarebbe quanto mai netto anche con questa stessa
legge elettorale, o, in alternativa, la formazione immediata
di quel governo di larghe intese che, sdegnosamente rifiutato
all’indomani delle elezioni politiche del 2006, appare
adesso come l’unica soluzione possibile per por mano
a quelle riforme indispensabili di cui il Paese ha assoluta
necessità. |
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Radioformigoni,
21 Maggio 2007 |
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Anniversario
in agonia |
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Siamo
alla lite delle comari: D’Alema che minaccia il ritorno
di Mastella a Ceppaloni, reo di destabilizzare il governo
con la sua richiesta di verifica e Clemente che gli replica
profetizzandogli il ritorno di Prodi a Bologna.
Rotta di collisione
con gli statali cui prima si promettono aumenti di oltre
100 € mensili per poi rimangiarsi la parola; conseguente
arrabbiatura di Bonanni e company e programmazione di uno
sciopero sin qui solo annunciato.
Sulla riforma delle
pensioni siamo allo stallo, mentre nel primo anniversario
del governo si prende dolorosamente atto che dei cento e
quattro disegni di legge approvati a Palazzo Chigi, solo
dieci sono passati in Parlamento, tutti attraverso il voto
di fiducia.
Di qui l’inedito
scontro istituzionale tra Prodi e Bertinotti sul ruolo delle
camere che provoca l’intervento dello stesso Presidente
della Repubblica il quale invita a garantire “ la
funzionalità del Parlamento” sempre più
imballato dai voti di fiducia.
Insomma un brutto
anniversario davvero, con i sondaggi che danno la credibilità
del governo in caduta libera.
Tuttavia, più
cala la popolarità di Prodi e del suo governo e più
aumenta l’arroganza al limite dell’arbitrio
di un esecutivo che sul conflitto di interessi mira alla
distruzione del capo dell’opposizione e sul progetto
di riforma della Rai, dopo l’inusuale richiesta di
sfiducia del ministro del tesoro nei confronti del povero
Angelo Maria Petroni, suo rappresentante nel cda RAI, punta
al controllo totale dell’emittenza televisiva pubblica,
già pressoché tutta orientata a sostegno dell’esecutivo.
Fatta l’operazione
Banca Intesa-S.Paolo di Torino è nata ieri la prima
banca italiana e la seconda banca europea (sesta nel mondo
per capitalizzazione) con l’unificazione di Unicredit
e Capitalia. Insomma Passera e Profumo hanno già
portato all’incasso il credito acquisito con la loro
partecipazione al voto dei gazebo al tempo delle primarie
per Prodi.
Dalla Sicilia un
primo verdetto inequivocabile è già arrivato.
Ora si attende il responso del prossimo 27 maggio. E allora
sì che se ne vedranno delle belle…… |
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Nel numero
di marzo-aprile 2007 della rivista " Il governo delle
cose"
edita a Firenze dalla casa editrice "Meridiana",
Ettore Bonalberti ha
pubblicato il seguente articolo sulle nuove BR. |
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BR
vecchie e nuove: si riapre l’album di famiglia |
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Torno a scrivere di BR dopo che
negli anni scorsi su questa rivista avevo rivisitato la
lunga e drammatica stagione degli anni di piombo. Con gli
arresti delle ultime settimane a Milano sono riapparsi i
fantasmi di un periodo che sembrava definitivamente concluso
della nostra storia.
La situazione oggi, per molti aspetti,
assai lontana e diversa da quella degli anni ’70,
ritengo possa essere descritta così:relativismo etico
e culturale; diffusa anomia , ossia una condizione di permanente
discrepanza tra mezzi disponibili rispetto ai bisogni ed
ai fini che la società indica come obiettivi, il
venir meno del gruppi sociali intermedi con la distruzione
della famiglia e delle tradizionali espressioni di organizzazione
sociale; crisi a tutti i livelli della rappresentanza dai
sindacati ai partiti: non sicrede più niente e a
nessuno.
Di qui una situazione di frustrazione
conseguente al mancato soddisfacimento delle proprie aspirazioni
che rappresenta il pressuposto per far scattare negli individui
e nelle relazioni di gruppo la conseguente dinamica frustrazione
–aggressività o quell’antitetica di frustrazione-regressione.
E se, da un lato, la società
dell’opulenza e dei consumi porta molti giovani saturi
di ogni bene materiale e svuotati di ogni aspirazione ideale
alla facile caduta nella droga o nella chiusura schizoide
e solipsistica così diffusa (pensiamo alle quintalate
di cocaina e droghe sintetiche di cui ha parlato recentemente
il ministro Amato e lel cornache di questi giorni con il
primato della coca consumata a Firenze rispetto alla stessa
Londra peccaminosa) sino all’anoressia e al suicidio,
dall’altro la dinamica descritta può condurre
a quelle forme di ribellismo, bullismo e/o della violenza
scatenata ed irrazionale dei gruppi fanatici ultras di cui
siamo attoniti ed impotenti testimoni.
E’ in questo quadro psicologico
individuale e sociale e da questa condizione strutturale
vissuta da frange non effimere della società ( specie
nelle grandi aree urbane del Nord, in cui più forti
sono le difficoltà economiche e più deboli
le solidarietà sociali e familiari) che il permanere
in alcuni strati di un’anacronistica , perversa e
metastorica lettura della vulgata marxista, porta al riemergere
del fenomeno brigatista italiano.
Le BR rappresentano la realtà
di un fenomeno carsico della politica italiana iscritto
nella storia del diario della famiglia marxista-leninista
e del comunismo stalinista nostrano.
Anche oggi come negli anni ’70,
i cosidetti “anni di piombo”, assistiamo a questa
non casuale e oggettiva corrispondenza: tanto più
la sinistra tradizionale si avvicina al potere, con il compromesso
storico berlingueriano prima e con la pressochè totale
occupazione attuale delle istituzioni (magistratura, sindacati,
massime autorità dello Stato dal Parlamento sino
alla presidenza della Repubblica, e degli enti locali a
prevalente conduzione egemonica della sinistra) tanto più
facilmente riemerge il mostro dei combattenti comunisti
che non si sentono rappresentati e riprendono la vulgata
della “rivoluzione tradita”, dello “strapotere
delle SIM”, dell’”attacco al cuore dello
Stato”.
E non a caso la tematica del lavoro con gli esponenti più
autorevoli delle politiche riformistiche (Tarantelli prima,
all’epoca del dibattito sulla scala mobile, D’Antona
e Biagi poi, ed oggi il prof.Pietro Ichino, tutti giuslavoristi)
e i simboli del potere capitalistico nostrano e internazionale
costituiscono i bersagli provilegiati delle milizie combattenti.
Ciò accade in una situazione
politica caratterizzata da partiti che non sono più
espressione di consistenti interessi e valori largamente
diffusi e condivisi, quasi tutti pressochè impotenti
e in fortissima crisi di partecipazione e di rappresentanza.
Si aggiunga la realtà di un dibattito tra poli alternativi
equipollenti che si svolge sul binario tracciato da una
continua delegittimazione dell’avversario, specie
dell’odiato Cavaliere, considerato un irrimediabile
“nemico” da abbattere. In tali condizioni non
diventa difficile comprendere come si possano manifestare
fenomeni di disaffezione e distacco dei più dalla
politica, da un lato, e, dall’altro, il riesplodere
della violenza di una mai morta sinistra eversiva.
Piaccia oppure no a Rifondazione
comunista e al Partito dei Comunisti italiani ora insediati
nei più alti scranni del potere repubblicano, e siano
più o meno sorpresi ed increduli Epifani e Cremaschi,
leader della CGIL e della FIOM, resta il fatto che otto
sui quindici arrestati sono risultati a diverso titolo,
iscritti e delegati di quel sindacato che non può
non porsi la domanda dolorosa e preoccupante del: “perché
?”.
Certo un deficit di rappresentanza
serio esiste a sinistra, se, nonostante partiti che continuano
a richiamarsi al comunismo, non sembrano costituire i referenti
di tutta l’area antagonista.
E non basterà a fermare questo
riemerso partito combattente della stella a cinque punte,
la mezz’ora televisiva della badessa Annunziata concessa
al Casarin di turno, forse nel tentativo comprensibile di
sterilizzare l’annunciata manifestazione dei no global,
girotondini, pacifisti e black-bloc di Vicenza.
Le condizioni anomiche strutturali
e la crisi delle rappresentanze complessive in una società
sempre più alla mercè dei disvalori e del
relativismo etico sono la questione sociale, economica e
culturale cui le forze responsabili del Paese debbono seriamente
analizzare e, insieme, concorrere a rimuovere attraverso
politiche condivise e che sappiano superare l’attuale
irrimediabile scontro di tutti contro tutti.
E mentre si riapre l’album
della famiglia marxista-leninista riprende forza la lucida
analisi che il compianto amico Cesare Golfari sintetizzò
in un lontano convegno della DC a Salsomaggiore (1982) quella
di una realtà, tutta italiana: “di un terrorismo
che si diffonde in ragione inversa alla caapcità
di governabilità delle forze politiche del sistema”.
E’ questa, probabilmente, la condizione che viviamo,
ora come allora, e dalla quale sarebbe necessario uscire
con estrema urgenza .
Ettore Bonalberti |
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Radioformigoni,
14 Maggio 2007 |
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Dalla
festa di popolo alle congiure di palazzo |
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E’
stata una grande festa di popolo. Cattolici e laici insieme
per riaffermare il valore della famiglia e per gridare alto
e forte, con la possente e autorevole voce di Savino Pezzotta,
il no ai DICO, ossia al tentativo di introdurre forme surrettizie
di matrimonio, destinate a scardinare la cellula fondamentale
della società.
E Rosy Bindi tenta di raccogliere
quanto di positivo è stato indicato dalle centinaia
e centinaia di migliaia di persone riunite a Paizza San
Giovanni, anche se non potrà non tenere conto che
il NO ai DICO resta la cartina di tornasole per la fedeltà
ai nostri valori ideali, culturali e costituzionali. E la
smetta di erigersi a Papessa in grado di interpretare le
già nette e inequivocabili indicazioni di Benedetto
XVI e della Conferenza episcopale italiana, al cui Presidente,
card Bagnasco, una folla entusiasta ha voluto esprimere
tutto il suo amore e la sua solidarietà.
Diversa l’atmosfera a Piazza
Navona nella giornata dell’orgoglio laico, caratterizzata
più dai dissensi, il più grave dei quali,
la polemica per la meditata assenza di Fassino e degli altri
leader diessini, oramai lanciati verso la nuova avventura
del partito Democratico.
Prodi non ha mancato di sottolineare
ancora una volta la sua vocazione di “cattolico adulto”
, sempre più indirizzata verso la chiusura nel privato
solipsistico, l’indifferenza se non proprio l’antagonismo
alle posizioni ufficiali della Chiesa. E da Stoccarda, non
gli riesce di meglio che giudicare i discorsi del Cavaliere
come “ totalmente estranei allo spirito cattolico”
di cui, evidentemente, si considera interprete ufficiale.
Intanto proprio contro il Cavaliere
si scatena l’ira dell’Unione. In settimana si
discuterà in Parlamento una legge sul conflitto di
interessi fatta a misura per escludere Berlusconi dalla
politica italiana: o la borsa o la vita politica. In barba
al 50% degli italiani che lo hanno votato.
Sulla Rai, Padoa Schioppa ha aperto
la guerra della maggioranza per il controllo totale dell’emittenza
pubblica. Se passasse anche questa ennesima prova di regime
non ci resterebbe altro che la rivolta fiscale con lo sciopero
del pagamento del canone RAI.
E’ partito il triumvirato
Migliavacca, Soro e Barbi per portare DS e Margherita al
nuovo Partito democratico. E si sa come i triumvirati siano
destinati a finire: solo una prevarrà con la morte
politica degli altri due. Vedremo tra Veltroni, D’Alema,
Fassino, Finocchiaro, Franceschini,Parisi chi vincerà,
mentre siamo in attesa dei primi risultati delle elezioni
amministrative siciliane…… |
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Radioformigoni,
7 Maggio 2007 |
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Aria
Nuova in Europa |
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Con
la vittoria di Nicolas Sarkozy la Francia ha deciso di svoltare
e in Europa si respira un’aria nuova. La netta affermazione
del candidato dell’UMP, infatti, non è la semplice
riproposizione del primato gollista alla guida del Paese,
tanto diversa è stata ed è la posizione del
neo presidente da quella del suo predecessore Jacques Chirac,
ma l’avvio di una fase nuova della politica dei cugini
d’Oltralpe.
Con il suo straordinario discorso di Lyone, all’indomani
della prima tornata elettorale in cui si determinarono i
termini della sfida di ieri tra i due contendenti, Sarkozy
ha voluto rappresentare l’altra faccia della Francia
. E se Ségolène Royal col suo accattivante
sorriso era l’immagine dei sessantottini al potere,
Sarkozy ha chiaramente messo i paletti alla sua impostazione
ideale e programmatica, riaffermando il valore del lavoro,
dell’autorità e della responsabilità
e con ciò la fine delle utopie del ’68.
Insomma il primato di quei principi dalla cui negazione
o sottovalutazione sono derivati molti dei problemi che
la Francia e non solo essa si ritrova a dover affrontare.
Nuovi rapporti con gli odiati americani, cui dovrà
rassegnarsi anche l’ex ministro degli esteri, attuale
primo ministro, Domenique De Villepin, feroce oppositore
alle Nazioni Unite della politica americana di George Bush
jr, e, soprattutto, una nuova musica nella politica interna
francese e in quella europea.
Con il prossimo abbandono di Tony Blair della guida del
governo inglese e il passaggio di consegne all’eterno
candidato alla successione, il cancelliere dello scacchiere,
Gordon Brown, si costituirà una troika Sarkozy, Brown
con Angela Merkel, che determinerà qualche positiva
svolta all’impasse costituzionale in cui si è
bloccata la costruzione europea dopo i voti referendari
negativi di Francia e Olanda sulla proposta di nuova costituzione
europea.
Dovrebbe così allargarsi quel club dei “modernizzatori
atlantisti dell’Unione Europea” i quali vedono
in un rinnovato fecondo rapporto tra Europa e Stati Uniti
la strada per garantire al vecchio continente un ruolo più
liberale di quello che gli attuali governi mediterranei
di Zapatero e Prodi stanno mostrando al loro interno e a
livello internazionale.
Si va verso l’approvazione di un Trattato semplificato
che permetta a Sarkozy di rispettare l’impegno per
una soluzione ratificabile a livello parlamentare senza
ritornare al rischio delle forche caudine di un'altra verifica
referendaria così come accadde il 29 maggio 2005.
Insomma sarà il liberalismo l’avanguardia della
politica europea che unisce Berlino a Londra e a Parigi,
cui vanno aggiunti i Paesi scandinavi e della Nuova Europa,
superato il rischio di una deriva zapateriano-prodiana che
con l’eventuale vittoria della Royal avrebbe ridato
fiato a posizioni che di strategico hanno solo l’europeismo
verbale e gli scambi di favore per difendere i campioni
nazionali nei settori strategici dell’energia e delle
comunicazioni, in barba ad ogni corretta logica di mercato
e di difesa dei consumatori.
Avranno molto da meditare le varie sinistre italiane che
avevano tanto sperato nel trionfo di madame Royal, così
come mediteranno quegli ex Margheriti, oggi componente insofferente
del costruendo Partito Democratico, alleati del terzo polo
centrista di Bayrou, mentre il rafforzamento del Partito
Popolare Europeo, con il trionfo di Sarkozy, rende ancor
più necessaria ed attuale l’idea di dar vita
da subito alla sezione italiana del Partito Popolare Europeo,
a cominciare da chi ci sta. Ogni ulteriore ritardo sarebbe
colpevole e autolesionista.
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Radioformigoni,
2 Maggio 2007 |
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Situazione
fluida e nuovi attori scendono in campo |
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Situazione fluida con un moltiplicarsi degli incontri tra
le forze politiche impegnate a ricercare un accordo sulla
legge elettorale, mentre corre la raccolta delle firme per
il referendum.
In gioco é la stessa tenuta del presente bipolarismo
precario mentre avanza da molte parti l’auspicio di
un rafforzamento del centro e l’emarginazione delle
estreme ben assestate nei posti di comando del governo Prodi.
La nascita del Partito Democratico, seppur induca ad una
sicura semplificazione degli assetti politici, è
sin qui caratterizzata da una graduale continua erosione
(oltre 30 senatori e 12 deputati) del vecchio troncone del
PCI,PDS,DS ; ossia di una delle componenti storiche della
politica italiana, mentre a sinistra monta la richiesta
di una ricomposizione delle residue e sparse forze che,
con la regia di Bertinotti, puntano a costruire una nuova
consistente componente di ispirazione comunista, contando
sul possibile smottamento dell’elettorato diessino,
con Bosellie e gli ex socialisti impegnati a riunirsi.
Manca una leadership riconosciuta e soprattutto non c’é
una politica e dei valori condivisi ma solo una squilibrata
maggioranza parlamentare sin qui tenuta insieme dall’odio
contro Berlusconi.
Anche nel centro-destra, pur permanendo intatta la leadership
del Cavaliere specie a livello popolare come e ancor più
di prima, apertamente nel caso di Casini e dell’UDC
e in maniera più sottotraccia, ma non meno evidente,
in quello di Gianfranco Fini, si é aperta da tempo
il tema della successione. Si confida nella scarsa tenuta
di un movimento e di un partito costruito attorno alla figura
carismatica del Cavaliere, ma priva di quelle elementari
regole di democrazia partecipata senza le quali ogni movimento
rischia di durare la stagione di sopravvivenza della leadership
riconosciuta del capo.
Ovunque, a destra, nel centro e a sinistra, i congressi
si riducono a convention di addetti ai lavori, tutti interessati
al mantenimento dei privilegi di nomenclature immutate e
immutabili, la cui selezione avviene solo e sempre per cooptazione
senza che il popolo sovrano possa mai scegliere con potere
diretto i propri rappresentanti.
Bene hanno fatto i promotori di « un Parlamento dei
cittadini » a lanciare la sottoscrizione di un appello
per la reintroduzione delle preferenze in caso di mantenimento
del sistema elettorale proporzionale o della presentazione
delle candidature da almeno 500 elettori di un collegio,
nel caso in cui si introducesse il sistema maggioritario.
E’ evidente che sarà proprio la scelta del
sistema elettorale a favorire l’evoluzione del sistema
politico italiano verso il consolidamento o il superamento
dell’attuale precario bipolarismo, dimostratosi, sin
qui, efficace per vincere ma del tutto impotente per governare.
Il Cavaliere, finalmente riconosciuto innocente dalle pesanti
accuse della procura milanese che lo avevano perseguitato
da oltre dodici anni, con la partecipazione ai congressi
dei DS e della Margherita ha inaugurato la nuova stagione
del buonismo. Lancia segnali di disponibilità alle
più ampie convergenze, mentre Prodi, pur di prolungare
la vita di un governo in permanente stato comatoso, solletica
la Lega sul piano della legge elettorale e con le promesse
di improbabili aperture federaliste, nel momento stesso
in cui i suoi più diretti collaboratori, Santagata
e Parisi, puntano dritti al referendum, pistola puntata
alle tempie dei partiti minori dentro e fuori dell’Unione.
Giancarlo Galan si autoproclama possibile Strauss di un’improbabile
Forza Veneto riscoprendo antiche velleità dorotee.
E’ una situazione assai fluida che, con le elezioni
amministrative di Maggio e lo sbocco che verrà dato
al tema del sistema elettorale, si chiarirà.
E’ tempo che nuovi attori scendano in campo, anche
in quello dei moderati e sull’esempio del discorso
di Sarkozy di Lione, dopo la prima tornata del voto presidenziale
francese, si elabori una convincente piattaforma politica
e programmatica coerente con i valori che accomunano le
diverse componenti dell’ex casa della libertà
(valore della persona, della famiglia, del lavoro, dell’autorità
e della responsabilità ).
Noi il nostro campione l’abbiamo scelto in tempi non
sospetti e attendiamo solo che Roberto Formigoni rompa gli
indugi. Ancora una volta, dopo la grande e non ancora esaurita
stagione berlusconiana, sarà dal buon governo della
Lombardia che potrà partire il movimento destinato
a segnare il cambiamento della politica italiana.
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Radioformigoni,
23 Aprile 2007 |
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I
congressi di Primavera |
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Aprile
2007: mese dei congressi.
Hanno iniziato, quasi in contemporanea quelli dell’UDC
e i socialisti dello SDI di Boselli. Entrambi caratterizzati
dalla volontrà di ricomporre: i primi l’unità
dei moderati, i secondi quella dei socialisti.
E, così, se Casini, rinunciando ad ogni velleità
folliniana prende atto della situazione oggettiva con il
consenso dei moderati italiani stabilmente orientato attorno
alla leadership del Cavaliere, Boselli, con lo sguardo rivolto
all’indietro, si è riproposto la ricomposizione
del vecchio PSI, trovando disponibili i vecchi colonnelli
craxiani oramai senza esercito, ma, anche l’interesse
dei diessini in libera uscita (Calderola, Mussi, Salvi,
Angius).
E proprio in questi giorni, in contemporanea, DS e Margherita
hanno concluso la loro breve storia per decidere, non senza
traumi, di unificarsi nel nuovo partito Democratico.
I primi, i DS, pagando il prezzo drammatico di una scissione
annunciata e celebrata in pieno congresso (caso unico nella
storia della nostra democrazia repubblicana) da un commovente
Fabio Mussi orientato a creare un più organico raggruppamento
di sinistra di ispirazione laica e socialista, alleato ad
un partito Democratico oggettivamente spostato al centro,
seppur dichiara di restare ben saldo tra i socialisti europei;
i secondi,quelli della Margherita, seppur senza fughe (almeno
immediate) divisi tra parisiani, prodiani, rutelliani ed
ex popolari, che se le sono date di santa ragione nei congressi
preparatori per l’elezione dei delegati e che giurano
di non voler morire “socialisti” accanto ai
compagni europei del PSE.
Da questi quattro congressi emerge una comune volontà,
quella di semplificare la rappresentanza oggi troppo frammentata
della politica, anche se assai diversa è la soluzione
del sistema elettorale che i quattro partiti prospettano.
UDC e SDI, campioni del proporzionale più o meno
alla tedesca e con la volontà di svolgere un ruolo
decisivo per le future maggioranze; DS e Margherita, da
sempre per il maggioritario a doppio turno alla francese,
disponibili a soluzioni de minimis pur di non sacrificare
un governo sempre meno credibile al Paese, ma pronti a più
larghe convergenze, come dimistra il clima nuovo con cui
è stato accolto Berlusconi alle loro assise.
Dopo questi congressi, è indubbio che la vicenda
politica italiana subisce una forte accelerazione, anche
se non mancano velleitarismi e forti contraddizioni.
Velleitaria la posizione di chi, partendo dal 6 % si crede
il depositario dell’intelligenza (“il maggior
fosforo delle sardine”) e il baricentro attorno cui
dovrebbe coagularsi il voto centrista. Contradditoria quella
dei DS e Margherita, accomunati solo dalla salda alleanza
tra D’Alema e Marini, con “l’americano”
Veltroni in pole position per la futura leadership, ma divisi
su questioni cruciali di ordine etico e di collocazione
internazionale. I primi che giurano di non voler morire
democristiani e i secondi socialisti.
Tutto sommato, più chiara e lineare, la posizione
di Mussi e di Boselli, destinati a confluire in un’area
di sinistra e socialista dove potrebbero trovare casa i
diversi spezzoni della sinistra italiana.
Ora è tempo di una vera e non più rinviabile
ricomposizione dell’area moderata che non potrà
partire se non da coloro, FI e UDC, che già appartengono
al Partito Popolare europeo, UDEUR compresa. Accertata la
disponibilità di Fini e della stragrande maggioranza
di AN, confederazione prima e partito unitario della libertà,
sezione italiana del PPE, poi, sono le tappe obbligate di
questo processo, senza più furbizie e tattiche dilatorie.
Anche se, indigesto per qualche irriducibile, prende corpo
un bipolarismo più mite che il nuovo sistema elettorale
non potrà che favorire. |
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Radioformigoni,
16 Aprile 2007 |
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Ricordando
Ariberto |
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I fatti di Via Sarpi a Milano
evidenziano le difficoltà di integrazione che il
fenomeno dell’immigrazione tumultuosa dell’ultimo
decennio può determinare specie nelle grandi città
metropolitane.
Una comunità come quella cinese, di straordinaria
capacità di impegno nel lavoro e nel commercio, quasi
sempre condotto al di fuori di ogni regola, ma che, almemeno
sin qui, non aveva dimostrato una particolare inclinazione
alla violenza, ha esploso tutta la sua aggressività
e frustrazione aggredendo con rabbia due vigili urbani della
nostra città.
Non si è trattato di una reazione casuale e spontanea
quanto, piuttosto, una prima risposta preparata da tempo
per dimostrare tutta l’insofferenza a condividere
quelle regole civiche che sistematicamente vengono violate
da una comunità che si sente altra, estranea alla
città di residenza.
Motivo reale dello scontro l’impossibile esercizio
di un’attività commerciale all’ingrosso
sostenuta da lavorazioni artigianali e commerciali che proseguono
senza soluzione di continuità per tutte le ventiquattr’ore
del giorno, creando difficoltà per il traffico e
per la stessa quiete degli altri, oramai minoritari, italiani
residenti in quel quartiere.
Certo tutto ciò si mescola a fattori culturali e
sociali che andranno bene valutati se si vuole dar seguito
alla giusta presa di posizione del sindaco Moratti contro
la possibilità di sopravvivenza di zone franche in
città svincolate da ogni regola e norma civica.
Si apre il grande tema del diritto di cittadinanza per chi,
residente regolare in città, può e deve esercitarlo
all’interno delle norme che presiedono all’esercizio
di quello stesso diritto.
Ci vorrà tempo e capacità di dialogo partendo
tuttavia da una premessa ineludibile: si sta a Milano, come
a Roma o a Napoli, rispettando le regole previste dalle
istituzioni del nostro Paese. Guai se alle già diffuse
delinquenze organizzate di stampo mafioso autoctono si dovessero
tollerare quelle non meno pericolose delle Triadi e Yakuze
orientali.
Dovremo sempre ricordare a noi stessi e ai nostri residenti
stranieri l’editto del grande vescovo-conte Ariberto
da Intimiano, che agli inizi dell’anno Mille promulgò
il suo editto che così recitava: “ Chi emigra
a Milano e sa lavorare diventa uomo libero”. Certo
libero sì, ma responsabile e rispettoso delle regole
della comunità. Cerchiamo di far si che le straordinarie
capacità di lavoro e di sacrificio della comunità
cinese diventino un’opportunità per Milano,
come lo diventarono quelle dei maestri comacini e degli
artigiani pavesi e bergamaschi che riempirono la città
con le loro arti e mestieri,ma, rispettando sino in fondo
le leggi di Ariberto.
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Radioformigoni,
2 aprile 2007 |
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E’
solo questione di tempo |
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Consumata
oramai la scissione nei DS con l’annunciata formazione
della “Sinistra democratica” da parte di Mussi
e Salvi, nel centro-destra la separazione tra Forza Italia,AN
e Lega dall’UDC è stata sancita dal voto differenziato
sul rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero.
Una situazione politica, dunque, in grande movimento, come
si era facilmente previsto.
Molto dipenderà da come si evolverà la questione
della modifica della legge elettorale. Certo la scommessa
di Mussi e Salvi sembra essere la più efficace in
termini di probabilità di successo. Essa mira a costruire
un grande polo di ispirazione socialista europea tentando
di unificare quanti si riconoscono in questa tradizione,
così orientando la politica della sinistra italiana
in linea con il quadro di riferimento comunitario.
Assai difficile risulterà stavolta per Fassino e
D’Alema contenere l’emorragia di voti sulla
loro sinistra, dopo che con oltre il 70% sono riusciti a
coagulare il consenso precongressuale nel partito. E, soprattutto,
allontanatisi per sempre dalla tradizione comunista italiana
(“nessun avversario a sinistra”) per la prima
volta dovranno fare i conti con un raggruppamento destinato
a raccogliere voti non solo tra le file diessine, ma anche
tra quelle socialiste non omologate all’esperienza
berlusconiana.
Assai più precaria e pericolosa la posizione di Pierferdinando
Casini con la sua scelta di rottura della Casa delle libertà
Programmato il salvataggio del governo Prodi, con la ventina
di senatori fedelissimi che hanno votato compatti il decreto
del governo sulle missioni militari italiane, e consumato
il balletto tragicomico della salita al Quirinale per denunciare
l’inconsistente maggioranza del governo, ancora una
volta tenuto in piedi dal voto determinante dei senatori
a vita, dopo che allo stesso governo aveva garantito la
sopravvivenza con il proprio voto, ora Casini dovrà
fare i conti con il congresso dell’UDC, con le prossime
elezioni amministrative, con la permanenza dei suoi assessori
regionali nelle giunte di Lombardia,Veneto,Sicilia e Molise,e,
con il malessere diffuso tra parlamentari, iscritti e, soprattutto,
elettori che, avendolo sostenuto in alternativa a Prodi,
mal digeriscono un voto che permettono al professore di
mangiare la colomba, dopo il primo panettone del Natale
scorso.
Bene ha fatto Formigoni ha tentare di riaggiustare i cocci,
anche se lo strappo stavolta sembra difficilmente rammendabile.
I prossimi giorni ci diranno come evolveranno le cose. E,
soprattutto, bisognerà attendere cosa accadrà
al congresso e nella Sicilia di Totò Cuffaro. E’
solo questione di tempo….
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Radioformigoni,
26 Marzo 2007 |
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VOTO
ESTERO CONSEGUENZE ALL’INTERNO |
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Siamo
alla vigilia di un voto al Senato per il rifinanzimento delle
missioni militari italiane destinato a segnare sviluppi forse
decisivi per la politica interna.
Chiuso il caso Mastrogiacomo con la salvezza del giornalista
attraverso il pagamento di un prezzo altissimo sul piano politico
e dei rapporti fra alleati, con strategie e tattiche assolutamente
al di fuori di ogni regola e con piena soddisfazione dei talebani,
in un quadro operativo afghano destinato a diventare sempre
più pericoloso per l’annunciata offensiva di
primavera, esplodono tutte le ambiguità presenti nella
maggioramza dove ha sin qui prevalso la linea della discontinuità
cara a Prodi e alle sinistre antiamericane. Anche nella casa
della libertà la situazione sconta un’improvvisa
accelerazione che minaccia termpesta.
Una maggioranza divisa in se stessa sulla politica estera
e che, di fatto, segue un percorso di oggettiva rottura con
gli alleati tradizionali atlantici, strizzando di continuo
l’occhio a hezbollah, hamas, Ahmadinejad e via via,
sino alla richiesta di un’improbabile conferenza di
pace ( ultimo coniglio estratto dal cilindro di D’Alema
per rabbonire le sinistre estreme) con la partecipazione dei
tagliagole talebani, non può non creare seri problemi
al suo interno e nello stesso quadro politico del Paese. Sarebbe
l’occasione ideale per far emergere le contraddizioni
e voltare pagina.
Casini, però, insiste nella sua linea del distinguo
annunciando il voto favorevole dei senatori UDC al rifinanziamento,
con la variante tattica di un odg (una sorta di “ grida
manzoniana” fatta più per coprire la sostanza
di un appoggio insperato a Prodi che per l’annunciata
volontà di disarticolare la maggioranza) con cui si
reclamerebbe un più forte aiuto di mezzi ai nostri
soldati e correttivi modesti alle regole di ingaggio sin qui
date.In realtà unico vero e inconfessabile obiettivo
di Casini resta quello di evitare ad ogni costo il rischio
di elezioni anticipate, per non vedere ancora il Cavaliere
sugli scudi. E così facendo si otterrà la sopravvivenza
di un esecutivo che non governa impedito dalle sue profonde
contraddizioni.
Berlusconi e Fini insistono per un chiarimento con l’UDC.
Tra poco si celebrerà il congresso di quel partito,
così, come a congresso andranno i DS per accertare
la loro ormai certa rottura. Acque agitate anche in casa della
Margherita dove gli ex residui popolari tentano di ridurre
il peso di Rutelli e soci. Insomma, comunque vada il voto
Martedì al Senato, se ne vedranno delle belle. Certo
la situazione politica è in grande movimento e, per
don chisciotte, è tempo di accelerare senza indugi
la nascita della sezione italiana del Partito Popolare Europeo.
E chi ci sta ci sta e gli altri? Saranno costretti a scegliere
e alla fine,come sempre, giudicheranno gli elettori….
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Radioformigoni, 19 Marzo
2007 |
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Papa
e Antipapa |
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Non
bastava la polemica tra politici cattolici in materia di
DI.CO. con i dossettiani schierati nell’Unione contro
i Teodem della Margherita e una ministra, la Rosy Bindi,
che alla trasmissione di Giuliano Ferrara, Otto e Mezzo,
con grande sicumera ha sostenuto la tesi di un presunto
impoverimento delle nostre parrocchie a seguito degli ultimi
anni della presidenza della CEI del card Ruini.
La pubblicazione nei giorni scorsi della seconda enciclica
di Papa Benedetto XVI “Sacramentum Caritatis”
ha immediatamente riaperto il dibattito.
Così, Piero Sansonetti su Liberazione, quotidiano
di Rifondazione comunista, ha scritto di una “restaurazione
che cancella un secolo di storia della Chiesa e spinge l’Italia
ai margini dell’Occidente” per concludere lapidario
che “forse neanche Pio XII si era spinto su posizioni
così retrive e aggressive”.
E, naturalmente, il giornale di Scalfari, Repubblica, non
poteva che bollare con l’espressione una “Chiesa
che proibisce” l’esortazione post sinodale pontificia.
Se, tuttavia, queste reazioni erano scontate per giornali
da sempre espressione del più vecchio e stantio anticlericalismo
laico-massonico e marxista, meno digeribili sono risultate
quelle dei “sessanta “ cattolici democratici
guidati dai soliti Castagnetti e Franceschini, mosche cocchiere
del caravanserraglio margheritino per i quali con la nuova
enciclica pontificia “non cambia nulla” e, men
che meno, fa sorgere in loro il minimo dubbio sulla difesa
di un ddl, quello del governo sui DI.CO., al quale i due
parlamentari dichiarano fedeltà assoluta.
Ad aumentare la confusione le subdole allusioni de “Il
Corriere” e di altre testate laiciste che tendono
a rappresentare il card. Martini come “l’Antipapa”.
Così viene strumentalmente letta l’omelia di
Betlemme pronunciata dal card.Martini ai fedeli milanesi
giunti in Terra Santa con il loro arcivescovo in occasione
degli 80 anni del presule emerito e dei cinquant’anni
dall’ordinazione sacerdotale del card Tettamanzi.
“Antipapa” per aver sostenuto la tesi della
necessità pastorale del dialogo e della comprensione
verso tutti, comprese le coppie dei non sposati; un linguaggio
ed un tono che nulla tolgono al dovere di noi cattolici
di seguire l’indicazione del sommo Pontefice che ci
richiama alla coerenza eucaristica e a “rendere pubblica
testimonianza della nostra fede”. Ai politici il richiamo
a “presentare e sostenere leggi ispirate ai valori
fondati nella natura umana”, “valori non negoziabili”.
Spetta a coloro che sono eletti decidere in coscienza se
sia più lecito seguire le indicazioni del Papa o
le convenienze elettorali per stare a galla nel proprio
collegio e, soprattutto, a continuare a chiamarsi indebitamente
“cattolici” e per giunta …..“democratici”,
titoli con i quali, continueranno a chiedere voti ai quei
cattolici non adulti che questi ispirati postdossettiani
intendono rappresentare con interpretazioni teologiche più
ortodosse di quelle del Papa….
Radio Formigoni, 19 Marzo
2007
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Radioformigoni, 12 Marzo 2007 |
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In
che Paese viviamo? |
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A
Firenze è nato un feto di cinque mesi che la “tecnoscienza”,
assecondando il bisogno di sicurezza dei genitori, diagnosticava
anormale; è vissuto per ventiquattr’ore per
poi cessare di vivere grazie all’ennesimo “innocente”
aborto terapeutico che tutto aggiusta e tutti assolve.
In Afghanistan il giornalista di “Repubblica”
Daniele Mastrogiacomo è stato rapito dai talebani
e il nostro governo, oltre a chiedere un giustificato “silenzio
stampa”, sembra intenzionato a restare silenzioso
anche con la Nato e i suoi servizi di intelligence, forse
vergognandosi per la cattiva figura che lui stesso, sempre
meno credibile ai nostri alleati, sta facendo proprio rispetto
ai nuovi impegni che la situazione afghana richiede.
Alla Camera una maggioranza impacciata, con una sinistra
radicale sempre più distante dalle posizioni dei
movimenti che l’hanno sin qui sostenuta, ambiguamente
sostiene il rifinanziamento della missione militare, nascondendosi
dietro lo schermo di un’improbabile conferenza internazionale,
ultima scoperta della fantasiosa mente del ministro degli
esteri D’Alema. Vedremo se l’opposizione sarà
in grado di svolgere al meglio la propria funzione.
A Roma sfilano al gay pride benedetto dal sindaco Veltroni,
ministri e sottosegretari per difendere le ragioni dei DI.CO.
mentre da parte dei movimenti cattolici si partorisce un
timido manifesto per il family day al quale non tutti dichiarano
di voler partecipare.
Alla Rai le nomine dei dirigenti proposte dal direttore
Cappon vengono respinte a maggioranza dei consiglieri sui
quali sta per scattare la ghigliottina del governo, mentre
il solito Santoro si produce nell’ennesimo squallido
show. E’ tempo di organizzare una massiccia astensione
dal pagamento del canone di un servizio pubblico sempre
più al servizio a senso unico di una pseudo maggioranza
di sinistra.
Siamo al limite della situazione di regime, con una finta
maggioranza che ha occupato tutte le sedi e le istituzioni
e si appresta a restare al governo contro tutto e contro
tutti.
Mai la Repubblica è scesa così in basso nella
credibilità e nel consenso generale del popolo italiano.
Meno male che, chiusa, ma solo in parte, la grande stagione
di Ruini, la CEI si accinge a proseguire sulla strada coraggiosamente
indicata dal vicario del Papa a Roma, con la guida del cardinale
Bagnasco. Speriamo che le indicazioni della Conferenza episcopale
italiana vengano ben comprese e rispettate nelle autonome
scelte dei cattolici impegnati in politica e che la deriva
alberighiana degli interpreti “adulti” del post
concilio, tra Bologna e dintorni, cessi di far del male,
per il bene di tutti noi.
Radio Formigoni, Lunedì
12 marzo 2007 |
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Radioformigoni, 5 Marzo 2007 |
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Passata
è la tempesta |
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Passata
è la tempesta, seppur per il rotto della cuffia e grazie
al voto di Follini e di Pallaro il “tanghèro”
ed ora Prodi: al lavoro! Deficit pubblico e PIL in miglioramento
e con onestà il professore ha riconosciuto i meriti
del governo Berlusconi. Ora, però, comincia il più
bello. Sui DICO non si dice più niente ufficialmente,
ma il fuoco cova sotto le ceneri.La proposta del governo a
firma delle ministre Bindi e Pollastrini è pronta per
la discussione che, promette il sen Salvi dei DS, già
da domani 6 marzo potrebbe iniziare, così come sempre
aperta è la questione della base Nato di Vicenza ,
mentre la mozione sull’Afghanistan è nell’agenda
dei prossimi giorni. Temi volontariamente elusi da Prodi nei
suoi interventi parlamentari nei quali, si ripropone invece
il tema della legge elettorale, ottimo diversivo per sparigliare
coalizioni, partiti e movimenti e sul quale riprendono a suonare
le sirene delle soluzioni alla francese e alla tedesca….
La realtà è assai complessa dovendosi stabilire
se si punta ad un sistema che, come si suol dire, tagli le
ali, a vantaggio dei partiti più grandi ( è
in fondo l’obiettivo dei neo referendari) oppure tornare
a ridare spazio alle soluzioni basate sulle intese parlamentari
con potere di interdizione di tutti contro tutti.
Con la busta paga di Marzo molti italiani si accorgeranno
definitivamente degli effetti della cura Visco e collegati,
mentre a livello sociale e culturale il Paese vive una condizione
di anomia foriera di frustrazioni e di esplosioni aggressive
(v. la ripresa del terrorismo delle BR di “seconda posizione”),
o di regressioni impotenti al limite dello scoramento e della
sfiducia collettiva.
Le coalizioni sembrano sfarinarsi con purghe staliniane dalla
parte di Rifondazione Comunista con l’espulsione del
povero Turigliatto e, sul fronte opposto, con il richiamo
della leadership di Casini e Fini.
Certo, ristabilito l’ordine a Palazzo Chigi, è
assai probabile che il governo non ricada al Senato né
sui Dico, i quali si cercherà di insabbiare in tortuose
e inconcludenti discussioni parlamentari, né sulla
politica estera (crisi afghana e libanese permettendo), sulla
quale la sinistra più sinistra è pronta ad assorbire
ogni cosa pur di evitare, a quel punto, l’inevitabile
fine dell’esperienza governativa.La vera spada di Damocle
è rappresentata dal referendum sul sistema elettorale
che, rispettando i tempi, si dovrebbe tenere l’anno
prossimo e, se convalidato dal voto, segnerebbe, in caso di
vittoria dei promotori, con l’introduzione surrettizia
della nuova legge elettorale, la fine della legislatura.
E’ iniziata la corsa contro il tempo, sperando in un’assai
improbabile intesa parlamentare. Vedremo se per inseguire
il voto e la volontà di durare non si finisca col dimenticare
i problemi reali del Paese.
Radioformigoni, 5 Marzo 2007
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5 Marzo 2007 |
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Il
transfuga e il “tanghèro” |
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Non poteva che essere il “mutevole”
Scotti, il solitario ispiratore delle mosse di quella testa
lucida di Marco Follini. Solo il vecchio “Tarzan”
uso a saltare da una fronda all’altra ( lui che, nato
cislino e forzanovista passò tra i fedeli andreottiani
all’epoca di Giulio imperatore nella DC e nel governo,
finendo tra le spire dorotee gaviane della corrente del
golfo) poteva ravvisare nell’intervento al Senato
del transfuga accenti degni dell’”ultimo dei
morotei”, così come il mentore napoletano ha
definito la performance di Marco al Senato.
Come è noto, il voto decisivo
di Follini è stato quello che ha permesso a Romano
Prodi di sopravvivere alla gravissima crisi politica della
sua coalizione scoppiata dopo i due tonfi al Senato sulla
politica estera e di difesa. Una sopravvivenza garantita
pure dal puntello del “tanghèro” Pallaro,
espressione della nostra vasta e nobile comunità
italo argentina.
E. così, grazie ai voti di
un transfuga e di un senatore rappresentante di una parte
significativa di elettori emigrati e che non pagano le tasse
in Italia, ancora una volta Prodi l’ha sfangata, rinverdendo
il mito di quel “ Coccolino sempre in piedi”
dei Caroselli d’antan.
Marco Follini aveva già dato
prove della sua irrimediabile idiosincrasia per i moderati,
sia quando, orfano di Aldo Moro, si consegnò per
sopravvivere politicamente all’abbraccio rassicurante
di Toni Bisaglia, trovando in Casini l’amico di una
lunga stagione; sia quando, con quella fissa della “discontinuità”,
si premurò di lavorare ai fianchi Berlusconi e la
coalizione di cui faceva malvolentieri parte e di cui ha
costituito una causa non effimera della sconfitta elettorale.
Si sperava nella sconfitta del centro-destra per riprendere
il dialogo con gli amici del centro schierati a sinistra.
Le elezioni politiche e i successivi recenti sondaggi hanno
affondato quelle chimere.
E così, sempre sintonizzato
sulla giusta denuncia di un bipolarismo zoppo, Marco ha
finito col rendersi protagonista di uno degli episodi più
squallidi di trasformismo e trasmigrazione parlamentare
della storia repubblicana, in barba a quegli elettori pugliesi
moderati che gli avevano garantito, in alternativa a Prodi,
il laticlavio senatoriale.
La domanda a questo punto è
lecita: e tutto questo per fare cosa? Per spostare più
al centro le politiche di Prodi? Per superare il bipolarismo
zoppo che prolunga a dismisura l’agonia di questa
lunga transizione? Per costruire un nuovo centro-sinistra
?
Esaminiamo una per una queste ipotesi:
Il dodecalogo rappresentato da Prodi
alle Camere, dopo il giuramento di Palazzo Chigi di ministri,
segretari di partito e presidenti dei gruppi parlamentari
della maggioranza, alla vigilia della salita sul Colle per
indicare unitariamente la riconferma dell’Esecutivo,
è una sequela di banalità messe in fila che
non esprimono altro che generiche affermazioni le quali,
come prima il programma, già si prestano alle molteplici
ed opposte interpretazioni. Solo il voto sui diversi provvedimenti
chiarirà le posizioni di ciascuno e ad ogni voto
si terrà il fiato sospeso, mentre già sono
state annunciate defezioni dagli irriducibili della sinistra.
Di quale centro-sinistra vagheggia
Follini e quali forze intende muovere se, all’annuncio
della sua scelta, è riuscito nella straordinaria
impresa di dimezzare immediatamente la sua attuale rappresentanza
parlamentare; a rompere con molti dei suoi supporter (Giuliari
e veneti dell’ormai ex Italia di mezzo) e a provocare
la ribellione degli stessi amici della rivista “Formiche”,
con Paolo Messa a chiedergli inutilmente di desistere dall’insensato
proposito ? E come interpretare quella sua incomprensibile
sicurezza nell’annunciare l’imminente trasloco
di Casini e company dall’opposizione alla costruzione
di un rinnovato centro-sinistra?
In realtà Casini, sempre
alle prese con la sua malcelata aspirazione alla leadership
dei moderati, si è ben guardato dal raccogliere l’invito
dell’ex amico e segretario di partito, ben consapevole
che, alla vigilia del prossimo congresso, la più
piccola delle tentazioni trasformistiche determinerebbe
immediatamente, con la fine già segnata della Casa
delle libertà, quella assai per lui più dolorosa
dello stessa unità dell’UDC. Di qui il rinserrare
le fila del suo partito nella permanente richiesta della
nuova legge elettorale alla tedesca, su cui qualche spiraglio
sembra venire dalla Lega e da Fassino e Rutelli, con grande
disappunto di Prodi e di D’Alema. Il primo preoccupato
delle prospettive future del Partito Democratico e il secondo
sempre innamorato del sistema a doppio turno alla francese
e pronto ad un rinnovato dialogo con l’odiato Cavaliere.
Di quale superamento bipolare vagheggia
il Nostro in queste condizioni? E, d’altronde, se
proprio si voleva dare una spinta al rinnovamento della
politica, non era forse più opportuno, come lucidamente
aveva calcolato Casini con i suoi, far saltare Prodi e puntare
ad una soluzione istituzionale impegnata a risolvere la
questione della legge elettorale?
Ora se l’aggiunta del voto
di Follini alla coalizione prodiana modifica, seppur di
un soffio, almeno sul piano strettamente aritmetico, la
tenuta del governo al senato , appare assai meno sicura
una concreta modificazione dell’assetto politico di
una maggioranza che, con o senza Follini, può solo
saltare per le irrimediabili contraddizioni interne politico-programmatiche.
O salta sulla mina afghana o su
quella dei DI.CO., o deflagra sulla vicenda TAV oppure sulla
non più rinviabile riforma pensionistica, dato che,
tra qualche mese, entrerà inevitabilmente a regime
la riforma Maroni con l’odiato scalone alla cui eliminazione
tanto avevano investito rifondaroli e comunisti delle varie
chiese:questo è il pericoloso percorso che il governo
Prodi dovrà compiere.
Tutti temi su cui il professore
ha volutamente glissato nel suo discorso alle Camere tanto
da ridurre il ruolo del governo a mero ufficio notarile,
rinviando al parlamento le decisioni più importanti
che la politica dovrà affrontare a breve e medio
termine. Siamo così ad un rinvio dei problemi politici
della maggioranza con il trasferimento delle principali
scelte politiche alla dialettica parlamentare. Qui i vincoli
di maggioranza e di opposizione tenderanno inevitabilmente
ad allentarsi costringendo tutti a ragionare oltre gli schemi
consueti.
E, intanto, con gli esiti incerti
delle prossime elezioni amministrative, incombe minaccioso
il referendum sul sistema elettorale. In assenza, assai
probabile, di un forte accordo maggioritario in sede parlamentare
per la modifica di quest’ultimo, saranno gli elettori
a determinare il cambiamento e a quel punto, tra un anno,
massimo diciotto mesi, pensioni garantite ai nostri eletti,
al voto ci si andrà di sicuro e non sarà stata
certamente l’improvvida attuale scelta del transfuga
e del “tanghèro” quella che passerà
alla storia del rinnovamento politico dell’Italia.
Don Chisciotte dalla Mancha, 5 Marzo 2007 |
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26 Febbraio
2007 |
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Quei
gemellati dal fattore “C” |
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Chi
lo chiama fondo schiena, chi lo chiama sedere, per Prodi
si è coniato un nuovo termine: il fattore “C”
che sta per fortuna, o, più volgarmente “culo”.
E così la sinistra dall’infausto fattore “K”
coniato negli anni ’70 da Alberto Ronchey si è
ritrovata al governo grazie al fattore “C”.Un
fattore che ha funzionato a più riprese nella vasta
e multiforme carriera del professore bolognese anche se
non sono mancate cadute rovinose e rapide resurrezioni.
Ora, dopo il doppio voto negativo del senato, sulla base
di Vicenza prima e sulla mozione in politica estera di qualche
giorno fa, Prodi, ancora una volta risorge, con il rinvio
alle camere del suo governo decisa dal Presidente Napolitano.
Un rinvio necessitato, dato che l’eventuale apertura
del mercato dei ministri avrebbe sicuramente fatte esplodere
le contraddizioni insanabili nella coalizione, forti quando
si tratta di questioni politiche, insuperabili quando si
toccano i sederi incollati alle poltrone governative.
Al mercato dei ministri si è preferito quello dei
senatori e, rinnovando gli infausti riti di depretisiana
memoria, ancora una volta il trasformismo l’ha sta
facendo da padrone.
Alla barba di chi predicava la fine degli scandalosi tempi
della prima repubblica e l’avvento dell’età
felice bipolare, ancora una volta si è trovato il
senatore di turno disposto a cambiare casacca.
Spiace che a questo triste gioco sia sia prestato quel vecchio-
giovane ex DC di Marco Follini.
Poveri elettori dell’UDC e del centro destra della
Puglia che si erano visto catapultare nel loro collegio
l’ex segretario del partito di Casini, convinti di
portare acqua alla casa delle libertà e che ora si
ritrovano il loro eletto a sostenere il governo Prodi con
Giordano, Diliberto e Pecoraro Scanio. Ma tant’è
tutta la vicenda politica personale di Follini è
stata caratterizzata dal continuo cambio di casacca: moroteo
della prima ora, all’epoca della sua elezione a delegato
nazionale dei giovani DC, rimasto orfano del grande leader
pugliese, si accasò nelle sicure file dorotee di
Toni Bisaglia, così rafforzando il lungo sodalizio
con Pierferdinando Casini, sino alla fine della DC, e poi
nel CCD, nell’UDC e alla definitiva rottura con l’amico
bolognese consumata a seggio senatoriale acquisito.
Beato lui se nei 12 punti dell’editto prodiano ritrova
le condizioni di un nuovo centro-sinistra. A noi, molto
più prosasticamente, sembra che Marco si sia prestato
a puntellare una baracca che traballa passando alla cronaca
politica di questo Paese come uno dei fattori più
squallidi di trasformismo e di slealtà politica verso
i propri elettori.
E d’altronde cosa ci si poteva aspettare dal presidente
Prodi, il baciato da quell’incommensurabile fattore
“C”, paragonabile solo a quello del cugino Gastone,
se non di trovare un appoggio decisivo proprio dalla testa
lucida di Follini, sempre pronto a pronunciare sentenze
con quella sua deliziosa boccuccia ……..a culo
di gallina ?!
Radioformigoni, Lunedì
26 Febbraio 2007
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19
Febbraio 2007 |
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Pace
a Vicenza...guerra nel governo |
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Stavolta
l’abbiamo sfangata. E, a parte, le minacciose rodomontate
del solito Casarin (“ dovranno venire con l’esercito
per aprire i cantieri come per la TAV”) ed alcuni minacciosi
cartelli, la manifestazione di Vicenza si è svolta
in tranquillità.
Merito dei manifestanti e delle forze dell’ordine in
una città da sempre simbolo di tolleranza e di civiltà.
Resta il dato politico di una maggioranza che ha visto il
Presidente Prodi ribadire che “ il governo non cambia
idea” e, dunque, l’allargamento della base si
farà. Il tutto condito con l’ordine ai suoi focosi
sottosegretari rifondaroli, verdi e comunisti dilibertiani,
di disertare la sfilata, alla quale, invece, hanno partecipato
i segretari dei partiti ed alcuni autorevoli esponenti parlamentari.
“Riforandoroli e comunisti siempre”, ma , innanzi
tutto la tenuta del governo, seppure in permanente bagnomaria.
Ambigua, per non dire tragicomica la posizione dissociata
del presidente della Camera Fausto Bertinotti che, sarebbe
stato ben lieto di sfilare ma, data la sua posizione istituzionale,
riteneva opportuno non farlo. Pura schizofrenia.E adesso che
succede? Da sinistra si reclama un ripensamento del governo
che non dovrebbe però accadere.
Certo le posizioni in politica estera restano distinte e distanti
e, se non ci si mette il fregolismo prodiano ben noto e la
indistruttibile volontà di contrastare l’odiato
Berlusconi da parte delle sinistre estreme che, con quel gentleman
di Diliberto, pubblicamente dichiarano quanto il cavaliere
faccia loro schifo, qualcosa potrebbe succedere col prossimo
voto al senato per il rifinanziamento della missione afgana.
E la stessa partita della base di Vicenza, se non si arriverà
alla guerra dei Casarin, certo qualche complicazione comporterà.
Lo stesso annuncio del presidente George Bush di un’offensiva
di primavera dei e contro i talebani della Nato, mette a dura
prova le stesse consumate capacità dialettiche del
ministro D’Alema, che, dopo le azioni di “difesa
attiva” da lui predicate al tempo dei bombardamenti
operati dagli aerei italiani nella guerra del Kosovo, non
si sa a quali contorcimenti verbali si affiderà per
tenere unita una coalizione che fa acqua da tutte le parti.
E mentre accade questa ennesimo atto di una triste commedia,
scoppia la vicenda delle nuove Brigate Rosse con le quali
si riapre l’album della famiglia marxista-leninista
e riprende forza la lucida analisi che il compianto amico
Cesare Golfari sintetizzò in un convegno della DC a
Salsomaggiore (1982): la realtà, tutta italiana, “di
un terrorismo che si diffonde in ragione inversa alla capcità
di governabilità delle forze politiche del sistema”.
E’ questa, probabilmente, la condizione che viviamo,
ora come allora, e dalla quale sarebbe necessario uscire con
estrema urgenza .
Radioformigoni, Lunedì 19 Febbrai0 |
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12 Febbraio
2007 |
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Usque
tandem Margherita?
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Non
è bastato il “non possumus” della CEI
annunciato a chiare lettere con il fondo de “L’Avvenire”
di Martedì 6 Febbraio: i “cattolici adulti”
della Margherita, più fedeli alla papessa Rosy Bindi
che a Benedetto XVI, hanno deciso di appoggiare senza riserve
la ministra e il suo disegno di legge sui PACS diventati
DI.CO.
L’odio verso Berlusconi funziona come un riflesso
pavloviano e grazie ad esso si trangugia ogni pasto: dall’antiamericanismo
di Rifondazione, comunisti italiani e Verdi all’introduzione
della famiglia del terzo tipo, rispetto alla quale lo
stesso matrimonio musulmano risulta più vincolante…
Le recenti foto dei gay padovani felici sposi si replicherà
in molti municipi del Bel Paese e non passerà più
di una generazione prima che l’Italia sia preda
di quei giovani affamati, prolifici e smaniosi di vita
provenienti dalle sponde sud del Meiterraneo, dall’Africa,
Asia e America Latina che erediteranno le nostre case
senza un’effettiva integrazione sociale e culturale.
Resta la sparuta pattuglia dei teodem della Binetti,Bobba
ed Enzo Carra, i quali, almeno stavolta, sembrano decisi
a non capitolare, anche se l’imbroglio dei DI.CO.
pare fatto apposta per inciuciare.
Chi vivrà vedrà. Resta il fatto che 60
parlamentari margheritini, rutelliani ed ex popolari,
hanno già deciso che, in nome della laicità,
voteranno i DI.CO.E’ un richiamarsi improprio e
anacronistico alla laicità degasperiana che, in
realtà, fu sempre usata per valutazioni di ordine
squisitamente politiche ed amministrative e mai intaccò
i fondamentali dei nostri valori cristiani.
Noi che, forse, siamo rimasti cattolici infantili, rispetto
a questi dossettiani e cattocomunisti senza dogmi, siamo
orgogliosi di ricordare che nel 1973, eravamo sul palco
della Democrazia Cristiana a Rovigo, con Toni Bisaglia
e Amintore Fanfani, a difendere le ragioni del SI per
l’abrogazione di quella legge sul divorzio che aprì
la strada senza ritorno all’aborto e alla spinta
attuale verso la distruzione degli embrioni e all’eutanasia.Ancora
una volta quegli ex sinistri DC, basisti e post dossettiani,
si muovono come “utili idioti” al servizio
delle posizioni laiciste e anticattoliche contribuendo
a minare dalle fondamenta i caratteri essenziali della
nostra civiltà cristiana.
Ma fino a quando durerà questo scempio e quanto
tempo ci rimane per contrastare questa deriva laicista
senza più limiti? |
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12 Febbraio
2007 |
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Giorni
di inganni e di sorprese
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Le sorprendenti performance
dell'esecutivo tra politica estera, pacs e crisi delle
strutture partitiche.
Una pungente noterella di Don Chisciotte
Governo Prodi alla prova dei fischi ogni qualvolta
il presidente e i suoi ministri si azzardano a mostrare
le loro facce sulle piazze d’Italia.
DS in affanno: Fassino ottiene di celebrare un congresso
scontato a ridosso delle elezioni amministrative e mantiene
una fittizia unanimità cedendo sul voto segreto
per la nomina del segretario e per la votazione sulle
tre mozioni congressuali, mentre spezzoni significativi
dell’ala riformista abbandonano il partito. Nicola
Rossi straccia la tessera, Peppino Caldarola attende
il congresso e poi ognuno per la sua strada, l’ex
sen Franco De Benedetti non rinnova l’iscrizione
e la Bresso, governatrice del Piemonte, non va al congresso.
E, intanto, Massimo D’Alema vede sempre più
incombente avvicinarsi l’ombra di Veltroni, pupillo
di quei lor signori, con Carlo De Benedetti principale
sponsor, che sperano di vedere chiusa l’esperienza
degli ex PCI con la loro definitiva confluenza nell’improbabile
ectoplasma del Partito Democratico.
E, intanto, dalla questione dell’allargamento
della base USA a Vicenza, al rinnovo del voto per il
finanziamento della missione italiana in Afghanistan,
vengono alla luce i nervi scoperti di una maggioranza
che, su quasi tutti i temi, è divisa. In primis
quelli della politica estera, in cui l’antiamericanismo
trasuda tra i rifondaroli comunisti, i verdi, quelli
di Diliberto e della sinistra diessina. E non sono da
meno quei ferrivecchi degli ex basisti DC, con l’ineffabile
Franceschini, capogruppo ulivista per grazia ricevuta.
Mortadella traballa ma sembra non cadere mai, anche
perché trova sempre qualche buon samaritano pronto
a prestargli soccorso.
Succederà anche per il voto sull’Afghanistan
tra qualche settimana in Parlamento per il senso di
responsabilità di tutti, tranne i falsi pacifisti
a senso unico della sinistra radicale e verde. È
una situazione schizofrenica al limite della tollerabilità
democratica. Perso il consenso nel Paese e sostenuto
in Parlamento da un consenso fittizio, si naviga a vista,
mentre gli effetti della terribile finanziaria si fanno
già sentire nelle tasche degli italiani. E non
bastasse un voto di fiducia ricevuto in Senato dall’opposizione
contro il parere della sua maggioranza (caso unico nella
storia parlamentare italiana di un governo fiduciato
dall’opposizione e con la sua maggioranza che
gli nega il voto sulla politica estera) Prodi continua
imperterrito a veleggiare nonostante i flebili richiami
del presidente Napolitano.
Se il centro sinistra piange, con le due navi ammiraglie
dei DS e della Margherita pronte a lasciare gli ormeggi
dai loro porti per rifondarsi in un’unica corazzata
in vista delle europee del 2009, nel centro-destra non
sembra decollare quella spinta verso il partito unitario
dei moderati che sarebbe nella logica delle cose. Speriamo
almeno che decolli la Federazione dei partiti della
Libertà
Come Godot si aspetta il nuovo sistema elettorale con
il ministro Chiti, il quale, collegando la bozza del
difficile nuovo testo al tema del federalismo fiscale
tanto caro alla Lega e ai nostri governatori regionali,
Formigoni in testa, spera di ottenere una certa benevolenza
nel voto decisivo al Senato.
Chi vivrà vedrà, anche se all’orizzonte
sembrano prevalere più ombre che luci, e, intanto,
ci si avvicina al voto delle amministrative di oltre
11 milioni di elettori, cui, inevitabilmente si attribuirà
un forte significato politico.
dalla Mancha, Don Chisciotte |
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